Regia di Michael Powell, Emeric Pressburger vedi scheda film
Nella campagna inglese di fine ’800, una ragazza cresciuta in modo selvatico insieme a una volpacchiotta è contesa da due uomini: sposa senza troppa convinzione un esangue religioso, poi fugge con un nobilastro, poi torna dal marito suscitando lo scandalo dei paesani. Devo precisare che il mio giudizio sul film è fortemente condizionato dalla versione che ho visto: un ibrido pressoché indecifrabile, doppiato per meno di metà e in originale senza sottotitoli per il resto, con ripetute e fastidiose alternanze persino nella stessa scena. Ciò detto, la vicenda mi sembra una specie di Via dalla pazza folla con esito tragico e con una protagonista femminile incoerente, ridotta a una banderuola senza volontà. Se invece passiamo a parlare dell’aspetto visivo, il discorso cambia decisamente: la splendida fotografia esalta i fremiti vitali della natura, specialmente nelle scene della caccia alla volpe all’inizio e alla fine; e certi dettagli in apparenza incongrui, come la presenza di un’arpa (!) nel tugurio dove la ragazza vive insieme al padre, hanno una risonanza quasi magica. Se c’è una cosa che in generale mi sento di rimproverare a Powell e Pressburger è il loro eccessivo formalismo: nei casi migliori, come Duello a Berlino o Scarpette rosse, la forza delle immagini accentua quella della narrazione; qui invece, per quanto posso giudicare, è prevaricante.
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