Regia di Stig Björkman vedi scheda film
Il cinema di Ingmar Bergman ricostruito attraverso le sue stesse dichiarazioni, tra interviste e backstage di alcuni suoi lavori, da Persona (1966) a Sinfonia d'autunno (1978), da La vergogna (1968) a Sussurri e grida (1973).
La prima cosa che colpisce di questo che potrebbe all'apparenza essere etichettato come “l'ennesimo documentario su Ingmar Bergman” è la firma in regia, cioè quella di Stig Bjorkman: il cineasta e critico svedese rappresenta infatti un'autorità nel campo, uno dei massimi esperti bergmaniani; a discapito di una lunghezza abbastanza limitata – neppure 70 minuti nel complesso – non sorprende che a questo punto ...but film is my mistress si presenti come un'opera vivace, interessante e zeppa di argomenti di sicura presa. Ciò anche grazie al sapiente utilizzo di parecchio materiale tratto dai backstage di svariate pellicole dirette da Bergman; una serie di dichiarazioni d'archivio del regista viene poi completata da spezzoni di interviste inedite con, tra gli altri, Liv Ullmann (l'unica in video: tutte le altre interviste sono solo audio), Bernardo Bertolucci, Martin Scorsese, Olivier Assayas, Arnaud Desplechin e Woody Allen. Colpiscono alcune situazioni sul set che dovevano rappresentare la quotidianità del lavoro di Bergman, come lo studio dei personaggi insieme agli attori (ma guai a modificare anche una sola battuta!) o la ricerca delle giuste luci insieme al fidato direttore della fotografia Sven Nykvist. Il titolo del lavoro proviene da una celebre massima di Bergman: “Theater is my wife, but film is my mistress”, ovvero “il teatro è mia moglie, ma il cinema è la mia amante”. Bergman ha diretto una quarantina di pellicole cinematografiche: considerata la vita sentimentale a dir poco travagliata del Maestro, sembrano a ogni modo parole azzeccate. 6,5/10.
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