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Infini

Regia di Shane Abbess vedi scheda film

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La recensione su Infini

di SredniVashtar
4 stelle

Premessa metodologica. Alcuni film, se non proprio tutti, andrebbero visti in lingua originale. Non per triste snobismo da intellettualoidi, ma perché – essendo per definizione il cinema fatto di suoni e immagini – una non esatta corrispondenza dei primi rischia di trasmettere allo spettatore un prodotto diverso da quello pensato in origine.

 

Da ciò forse si capisce cosa mi è piaciuto di questo film: il linguaggio. La pellicola australiana ha un taglio molto secco nell’uso verbale, che in italiano difficilmente riuscirebbe a essere conservato. Ne conseguirebbe una (possibile) modifica al ritmo, che per un bel pezzo nell’originale si mantiene serrato.

Praticamente non mi è piaciuto altro, dopo l’inizio sparatissimo e adrenalinico. Il film è un incrocio tra Salvate il soldato Ryan (che qui non ha tanto bisogno di essere salvato, ma ci tiene solo a tornare a cena dalla mogliettina incinta) e Solaris (versione russa, non quella con George Clooney). Il protagonista da salvare è confuso, reticente, egoista e antipatico. Perché salvarlo? Il pianeta-senziente Solaris qui è sostituito da una specie di gelatina omnipervasiva, incautamente scambiata dagli umani per possibile combustibile.

 

Ergo. C’erano le premesse per farne un film interessante, avendo a disposizione almeno tre spunti: 1) la distorsione temporale; 2) la rescue mission in base lontana e minacciosa (alla Alien 2, per intenderci); 3) la faccenda della materia senziente. Lo spunto 1 viene usato come puro gadget per far colpo, e finisce lì. Lo spunto 2 si trasforma in un massacro. Niente di male in ciò, solo che viene gestito con troppe incognite (vedi la reticenza informativa del protagonista, che è o babbeo o in cattiva fede). Lo spunto 3 viene lasciato ai margini, salvo il finale in cui se ne fa il tardivo e improvvisato deus ex-machina della vicenda.

 

Non so se in questi casi è più giusto premiare l’inventiva di alcune idee very-sf o punire l’approssimazione della loro realizzazione. Personalmente, il prodotto finale mi ha lasciato con un po’ di amaro in bocca, per cui non lo ritengo sufficiente.

 

Shane Abbess (regia)

Provaci ancora Shane. Forse la prossima volta andrà meglio.

 

Daniel MacPherson

Assai poco espressivo. Forse non è colpa sua se risulta antipatico, ma ciò non contribuisce a ricordarlo volentieri.

 

Dwaine Stevenson

"Venduto" all'inizio come quello-che-risolverà-ogni-problema, scompare immediatamente dalla percezione dello spettatore, che si chiede perché ce l'abbiano presentato. Forse perché somiglia molto al Rutger Hauer dei bei tempi.

 

Harry Pavlidis

Faccia perfetta, anche lei non sfruttata come nel caso di Stevenson.

 

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Indifferenti.

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