Regia di Nagisa Oshima vedi scheda film
Un coreano viene condannato a morte in Giappone. Ha ucciso e stuprato due ragazze. L'esecuzione tramite impiccagione, però, non va a buon fine e l'uomo rimane in vita, per quanto stordito. Ha perso la memoria e in quanto incosciente di ciò che ha commesso, per legge, non può più essere giustiziato. Lungi dal liberarlo, i magistrati giapponesi tentano in ogni modo di fargli tornare la memoria.
L'impiccagione è un'opera apertamente schierata contro la pena di morte, schematica nella costruzione della trama, ma efficace nella sua retorica semplice e diretta, tanto che oggi appare addirittura ingenua. Tutto succede nei primi e negli ultimi minuti: l'esecuzione fallita del protagonista e la sua scelta di sottoporsi a un secondo tentativo perchè così vuole la legge, sebbene la sua nuova condizione di uomo privo di memoria lo riporti a uno stato quasi di natura, nel quale non è capace di offendere, nè di difendersi. Nel mezzo - nelle quasi due ore di durata del film - c'è la farsa: la giuria e il boia tentano disperatamente di ricondurre il criminale alla memoria dei suoi misfatti, persino ripercorrendo passo passo la giornata in cui l'assassino ha compiuto tali nefandezze; la maggior parte della pellicola è girata in una stanza e con una manciata di personaggi, con dialoghi inevitabilmente prolissi, pertanto alla lunga tende a farsi pesante. Il plusvalore dell'opera è però, come rilevato, nei contenuti, ancora più validi se si considera che nel 1968 la pena di morte in Giappone era ben supportata dall'opinione pubblica e che le impiccagioni venivano portate a termine nella massima tranquillità, rappresentando esse oramai una procedura standard. Questo ci viene detto - e descritto nei minimi particolari - in apertura di film da una sequenza simil-documentaristica che lascia presto spazio alla finzione; indubbiamente un bell'incipit per la sceneggiatura che il regista Nagisa Oshima firma insieme a Mamoru Sasaki e Michinori Fukao. Piuttosto inespressivo il protagonista Do-yun Yu, impegnato in un personaggio dal kafkiano nomignolo di R. 5,5/10.
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