Regia di Francesco Salvi vedi scheda film
Eppure vent'anni or sono Francesco Salvi era una specie di fenomeno dello spettacolo italiano: imperversava alla radio con la canzone C'è da spostare una macchina, in discoteca con il remix della suddetta, in televisione e pure al cinema. I ragazzi cantavano i suoi tormentoni e citavano le sue battute. Sembrava quanto meno destinato a perpetuare il successo dei comici luinesi o comunque dell'area del Lago Maggiore. E invece è quasi sparito. Neppure Zelig lo ha riproposto. Anche questo film fa parte delle cose non riuscite del comico lombardo, uno che aveva fatto del surrealismo la propria cifra stilistica. Salvi è (stato) un kamikaze del surrealismo, tanto che Pozzetto, al confronto, sarebbe sembrato Rossellini. Vogliamoci troppo bene, a metà strada tra la maniera del primo Pozzetto e quella del Nichetti di Volere volare (che è di un paio d'anni successivo), è un film leggerissimo, quasi inconsistente, anche a causa di un cast a sua volta surrealista, comprendente Marco Predolin, Enzo Braschi e Barbara D'Urso. Se bastassero la simpatia personale e le buone intenzioni, allora Francesco Salvi sarebbe potuto essere una specie di Orson Welles. Purtroppo, non è così. Il giudizio è sul film, non sul poliedrico ed intelligente artista Salvi, ma è negativo.
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