Regia di Ron Howard vedi scheda film
Ron Howard firma il capitolo più maturo, coinvolgente e fedele delle movimentate avventure dell’esperto di simbologia Robert Langdon, condensando con equilibrio l’aspetto riflessivo e aneddotico con quello più giallo e dinamico, che contribuisce a mantenere elevato l'interesse e il ritmo. Un paio d’ore di buon intrattenimento intelligente.
Dopo due deludenti passi falsi, Ron Howard finalmente riesce a restituire smalto all’articolata opera letteraria di ispirazione, firmando il capitolo più maturo, coinvolgente e fedele delle movimentate avventure dell’esperto di simbologia Robert Langdon. Gran merito penso sia da attribuire alla scelta indovinata di David Koepp alla sceneggiatura, il quale attinge al materiale del romanzo senza grossi stravolgimenti (cosa invece avvenuta in maniera molto più pesante nei precedenti), condensando con equilibrio l’aspetto riflessivo e aneddotico con quello più giallo e dinamico, che contribuisce a mantenere elevato l’interesse e il ritmo.
Il personaggio del professore/investigatore inventato dallo scrittore statunitense Dan Brown – e interpretato nuovamente da Tom Hanks, meno carismatico ma comunque efficace – questa volta fa tappa in Italia, per la precisione a Firenze, dove, risvegliandosi in una stanza d’ospedale, ferito alla testa e privo di memoria, deve cercare di ricostruire gli avvenimenti delle ultime ore e nel contempo affrettarsi a fuggire dalle pallottole di un’agguerrita poliziotta che sembra volerlo uccidere. Si offre di aiutarlo Sienna Brooks (Felicity Jones, buona spalla), una giovane e pragmatica infermiera che nasconde più di un segreto.
Come è consuetudine, Langdon viene chiamato a decifrare una serie di messaggi in codice lasciati da un misterioso scienziato/terrorista con la passione per Dante Alighieri – da cui il titolo del romanzo – che ha creato un virus capace di dimezzare la popolazione mondiale. Tra indizi cifrati, amnesie oniriche, inseguimenti rocamboleschi, capolavori del Rinascimento, organizzazioni segrete che complottano tra loro e controverse questioni di etica, il professor Langdon si imbatte anche in una cara conoscenza del passato, e così si apre per lui anche una lieve e breve parentesi sentimentale, intrisa di rimpianti e malinconia.
Nonostante qualche inevitabile licenza e semplificazione (ogni romanzo di Brown è davvero ricchissimo di particolari quasi impossibili da riportare), un uso abbastanza strumentale e pittoresco delle locations nostrane, un Tom Hanks più anonimo e dimesso del solito, la trama intricata ma comprensibile, il montaggio rapido e spezzato e l’inserto di suggestivi effetti speciali per rappresentare lo stato mentale confuso del protagonista (il suo personale Inferno), assicurano un paio d’ore di buon intrattenimento attivo, fatto di azione e riflessione.
Perfettamente fruibile anche da chi non ha visto i precedenti film né ha letto i libri.
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