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Voglia di tenerezza

Regia di James L. Brooks vedi scheda film

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La recensione su Voglia di tenerezza

di scandoniano
8 stelle

Dramma e sentimento, ma anche scottanti tematiche trattate con straordinaria leggerezza in un periodo storico importante perla storia del cinema americano. “Voglia di tenerezza” è un gioiellino che merita tutti e 5 gli Oscar e un plauso a James L. Brooks che lo ha fortemente voluto.

 

Storia del rapporto tra Aurora e sua figlia Emma, dall’infanzia fino all’età adulta di quest’ultima. Un rapporto traumatico eppure unico, in cui le vicende della vita, anche sessuale, delle due donne si intrecciano inevitabilmente e indissolubilmente fino alla fine.

È indubbio che la più grande intuizione in carriera del produttore James L. Brooks sia stata quella di finanziare il celeberrimo progetto cartoonistico “The Simpson’s”. Ma anche la caparbietà con cui nel 1983 portò a termine il film “Voglia di tenerezza” (5 Oscar e un posto d’onore nella storia del cinema) non fu un’intuizione da poco. Oltre a portare a casa di Shirley MacLaine l’unico Oscar in carriera, il film fu un successo clamoroso di critica e di pubblico, che toccava temi delicati come il rapporto madre-figlia, lo sdoganamento definitivo del tema della sessualità, ma soprattutto l’amore senile e lo spettro sempre più ingombrante nella vita quotidiana del cancro.

 

 

Un film straordinariamente compatto, senza sbavature, girato benissimo, anche grazie ad un buon montaggio e soprattutto ad una fotografia di grandissimo valore, anche storiografico, affidata alle luci di Andrzej Bartkowiak, che conferisce un’aura patinata alla storia, rimanendo fedele all’illuminazione cara ai grandi classici cinematografici del decennio precedente. Non ancora indirizzato verso lo sconvolgimento sociale e culturale che trasformerà la settima arte durante gli anni ’80, la volontà di Brooks di realizzare un film alla vecchia maniera, rifuggendo dagli stereotipi del momento (è l’anno del biografismo agiografico di “Scarface”, del rampantismo reaganiano alla base di “Una poltrona per due”, della martellante guerra fredda di “Gorky park”, del cinema come intrattenimento puro di “Ai confini della realtà” e “Il ritorno dello Jedi”), lascia concentrare gli spettatori sulle vicende, venendo premiato lautamente sia agli Oscar che ai Golden Globe.

 

 

Tuttavia oggi ricordiamo “Voglia di tenerezza” non tanto per la caparbietà del suo produttore (nonché sceneggiatore e regista), che dovette affrontare durante la lavorazione numerosi problemi (dalle scelte degli attori – Nicholson fu la quinta scelta del casting – , ai contrattempi - Debra Winger e i problemi di cocaina, ai litigi coi colleghi -  John Lithgow girò le sue scene nelle pause dal set di “Footloose” dov’era impegnato), ma soprattutto per lo straordinario respiro con cui tutto il cast affronta le tormentate vicende della storia (meritato l’Oscar nella categoria “sceneggiatura non originale”). Interpretazioni credibili e di straordinario valore (dei principali il solo Jeff Daniels non ricevette la nomination), una straordinaria leggerezza nel trattare le tematiche, aiutate da una colonna sonora memorabile. Si ride e si piange, sullo schermo e davanti ad esso.

 

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