Regia di James L. Brooks vedi scheda film
Quello sulla locandina non è uno scherzo, anche se lo può sembrare. Chiunque non creda ai propri occhi si tenga forte, perché ha proprio letto giusto: “candidato a 11 premi Oscar”.
Che cos’è “Voglia di tenerezza” se non un susseguirsi di intrecci banalissimi resi possibili da dialoghi mai incisivi, corpo di un plot dove tutto è prevedibile? Tutto al di fuori della malattia, variante inaspettata messa a punto solo ed esclusivamente per chiamare telefonate quanto copiose lacrime, quindi gli ingenui applausi che ne seguono. Eppure quel tumore senza un perché, quell’enigmatico deus ex machina così fuori luogo e discordante con quanto accade nel resto del film, si rivela essere – nella sua ambiguità – l’unico aspetto veramente interessante della pellicola.
Quanto al resto, questa gira attorno al concetto tanto americano di seconda occasione, atto a coinvolgere personaggi prossimi a un riscatto solo apparente, mai veramente in procinto di aver luogo.
Commedia di provincia, dramma strappalacrime, diario di vissuto: l’opera di Brooks è tutto questo assieme. Il problema è però nei personaggi, che risultano del tutto insignificanti e privi di interesse nonostante l’innegabile bravura dei grandi attori che li interpretano.
Non si rimane mai coinvolti, perché non vi è una vera e propria progressione nella narrazione che non trovi riscontro in un mero succedersi di amori, tradimenti e seccature domestiche.
Anzi il plot, addirittura, non è immune da assurdità pericolosamente insulse: Emma (Debra Winger) si sente del tutto legittimata a tradire il marito (Jeff Daniels) con Sam (John Lithgow), salvo invece inveire furiosamente contro il primo (quindi a lasciarlo in tronco) quando questi fa lo stesso con una propria studentessa. L’immoralità scopertamente dichiarata di tradimenti e scambi di coppia presenti ne “Il grande freddo” (1983), era a questo punto di gran lunga preferibile.
L’Oscar al Miglior Film rimane un mistero, e così gli altri vinti (salvo quello andato a Nicholson, sempre impeccabile, gigante, superbo).
Mi rendo conto di essere uno dei pochissimi bastian contrari che abbiano avuto il coraggio di bollare “Voglia di tenerezza” come opera mediocre, ma davvero non riesco a trattenermi dal non avvertire lo spettatore che, nutrendo (come ho fatto io) pregiudizi positivi sul film a ragione dei tanti premi vinti e del grande successo riscontrato alla sua uscita, si accinga a vederlo per la prima volta.
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