Regia di James L. Brooks vedi scheda film
Uno di quei film (come Thelma & Louise, come Le regole della casa del sidro...) a cui d’istinto darei 5 stelle, ma poi temo di esagerare. Sarà perché l’ho visto (e rivisto innumerevoli volte) quando avevo l’età giusta per apprezzarlo: temo che oggi lo considererei il solito filmetto strappalacrime e nient’altro. Più che di tenerezza, qui c’è voglia di normalità: una vita normale, una famiglia normale, quelle che da giovani tutti abbiamo sognato di avere. Poi le cose prendono una piega diversa da quella che ci si aspettava: il grande amore che doveva durare per sempre annega fra le difficoltà economiche e i tradimenti reciproci, la giovinezza va a morire su un anonimo letto d’ospedale, e soltanto allora chi resta si rende conto di ciò che ha perduto. Certo, siamo in pieno clima reaganiano e si sente (la sequenza con le superciliose intellettuali newyorkesi è davvero didascalica, le dichiarazioni antiabortiste suonano leggermente forzate); ma, al di là della retorica dei buoni sentimenti, trovo che resti una storia profondamente commovente. Un applauso a tutto il cast, anche nei ruoli di contorno (per es. il buffo corteggiatore Danny DeVito): la madre teneramente oppressiva Shirley MacLaine, l’astronauta gaudente Jack Nicholson che recupera il suo senso di responsabilità, il marito farfallone Jeff Daniels, il mite fedifrago di provincia John Lithgow. Non posso trovare parole adeguate per Debra Winger: è l’attrice per cui ho provato la cosa più simile a un innamoramento.
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