Regia di Luigi Zampa vedi scheda film
"Vivere in Pace" può essere considerato un quadro di maniera, ''appoggiato'' al volemose bene, all'adesso bisogna voltare pagina, ma non lo è: è una favola della buona notte che usa come giaciglio le macerie. Non un'opera ''riconciliante'', di una retorica spiccia: spiccia è la vita. Gran film.
Dopo - Oltre "Paisà", nient'e nulla posson dire d'altro. Ma lo stesso, in altro modo, si può tentar...
"Questa storia non è una storia inventata. I personaggi sono veramente vissuti. Anche il paesino dove essa si è svolta esiste davvero. Gli uomini, in quel tempo, erano occupati ad uccidersi tra di loro, ma il paesino, così in alto, non aveva interessato molto quelli che facevano la guerra. Nel paesino non mancava nulla: la chiesetta per battezzare quelli che nascevano, il piccolo cimitero per seppellire quelli che morivano, il campanile per dire le ore a quelli che vivevano."
Esorcismo (spiriti nella stalla) a Rocca Ripesena (si parla un laziale-romanesco umbro-sabino).
Miracolo (la guerra si allontana) ad Orvieto (Spike Lee non c'entra, c'entra più Quentin Tarantino).
Fu il giorno in cui scapparono i maiali perchè accettai dei biscotti da un tedesco e trovammo due detenuti americani evasi da un campo di prigionia militare quello in cui una mosca si fermò a passeggiare sul bando che dispensava morte per chi avesse dato asilo ai suddetti fuggiaschi e ricompensa a chi ne avesse favorita la cattura che questa storia iniziò.
"Io c'ho solo 'sta pellaccia maledetta...quante vite credono ch'abbiamo?": questa frase, in varie declinazioni e sfumature, è il fulcro del film, e fin quando tutti non la capiranno, non la faranno veramente e sinceramente Propria, al mondo l'uomo sarà sempre lupo per l'altro uomo, e "cave canem" sarà sempre il saluto.
"Vivere in pace" è un grido d'odio e (quindi, anche, conseguentemente) di vita.
D'odio per chi, banderuola che sa dove spira il vento e subito prende a mettersi a favore, facilitava deferendo tra una spiata e una soffiata i rallestramenti : gente d'appendere per il collo, e poi per i piedi.
Di vita perché... ce n'è una sola.
"E' proibito sputare?":
Aldo Silvani - il Medico Condotto, nonché veterinario, e Socialista, a Nando Bruno - il Segretario Politico / semi-Podestà,
sputando per terra di fronte all'altro... sui suoi stivali (o in faccia al giovin - cotanta merda allor poco più che trentenne - Giorgio, magari, nipote di zio Ernesto Almirante, il nonno).
Zio Tigna - Aldo Fabrizi alla moglie Corinna - Ave Ninchi (L’onorevole Angelina): "E 'sta zitta! Non urla'! Non è un negro... è solo un pochetto abbronzato!"
Ovviamente non sono LE PAROLE, ma LA BOCCA dalla quale escono, a fare la Differenza.
"L'Uomo che Verrà" dovrà affrontare anni diversamente ''altrettanto'' difficili. Saranno ancora, in parallelo sovrapposti, ANNI DIFFICILI [1935 - Armistizio (1943)].
Poi diverranno Anni più... Facili (''Dopo''-Guerra), ed 'infine' si troverà, ripercorrendo il tutto, l'Arte di Arrangiarsi [inizio '900 - ''dopo''-guerra (che per caso vi ricorda qualcuno la figura del Piazzista Ambulante?)].
Ed eccone un pezzo, di quel nostro retro-futuro che c'aspetta, c'aspetterà e c'ha aspettati (appestati), direttamente dal '46-'47, anni di produzione del film, e dal '43, anno in cui è ambientato :
Ronald - soldato u.s.a. / caucasico - Gar Moore, a cena con tutta la famiglia di Zio Tigna, sognando e facendo sognare Silvia - Mirella Monti (poi i sogni ovviamente s'infrangeranno contro lo spostarsi del fronte a nord, e addio): "E' un bel posto questo. Mi piacerebbe avere una casetta sul limitare del bosco, per passare un po' di tempo all'anno. Chissà se sarà facile avere un pezzo di terra".
Franco - reduce e disertore, o più che altro renitente alla leva - Piero Palermini : "Sul limitare del bosco? Ma dici sul serio? E' facilissimo! Quella terra è mia: con quattro soldi te la prendi. Tanto non mi rende niente...!".
Zio Tigna : "Perché sei un vagabondo...! Renderebbe molto de più se ci stassi [licenza poetica, da qui in poi] sopra!".
Franco: "Che idee!".
Zio Tigna: "So' idee che c'aveva il poveraccio di tu' padre, e le mie. Uno non c'ha il diritto de vennesse la robba k'hanno lavorato l'altri. Solo un mascalzone lo po' fà!".
Franco: "Sicuro, uno dovrebbe sgobba' tutta la vita pe' vede' cresce du' erbacce...! Ma zio Tigna, so' successi troppi fatti in questi ultimi tempi, e la gente è cambiata...".
Zio Tigna: "Per quella terra non cambia niente : basterebbe un po' d'acqua per farla rivive ! Te farebbe campa' benissimo. Perciò non la vendi!"
Franco: "Ma io faccio quello che me pare".
Zio Tigna: "Sbam ! Sberl ! [ licenza de mano : manesca ] Mannaggi'a te!".
Estremizzando, ma mica tanto : il sogno di speculazione edilizia filo-americano, la svendita del paesaggio, la compromissione del territorio, perdita della memoria naturale e acquisizione dell'ignoranza artificiale.
Come, ad un certo punto della WW2, prese vita e forma la DC: il parroco - Gino Cavalieri: "Ah...io non so niente...io me ne vado!".
Il lungo intermezzo --[la parte centrale delle tre di cui è costituito il film : una prima bucolica (0' - 45'), questa centrale quasi grottesca e farsesca (45' - 1.01'30''), e l'ultima drammatica (1.01'30'' - 1.26'30'')]-- ubriaco di baraonda Kusturica-Helzapoppiniana mi ha scatenato una similitudine col prologo di "Inglourious Basterds": Hans (Landa) - Heinrich Bode che balla il suo portiere di notte col ''nigger'', il soldato u.s.a. / afroamericano Joe - John Kitzmiller.
Similitudine che esplode ovviamente con questo scambio di battute tra Fabrizi-Tigna e Bode-Hans (tedesco-nazista un po' atipico, ma neanche tanto, che dice a Tigna: "Anch'io contadino come te!": probabilmente è cresciuto in campagna e si è arruolato come tanti, troppi, che fanno legione, indottrinato quel tanto che basta ad odiare il prossimo), quando il tedesco dopo l'armistizio vede il capofamiglia col fucile che lo punta, gettato a terra il suo:
- "Che ti succede? Nit sparare! Io parlare! Paura di questo? [indica il fucile che porta ancora] Guarda, ho qualcosa per te. Cinque chili di zucchero. E tu...tu avere per me... un vestito? Come qvesto? Capito? Comando mi ha telefonato. Alleati venire. Americani venire. Camerati...dovere andare via. Non voglio la guerra. Guerra kaputt. Voglio lavorare come te!"
- "Tu vuoi un vestito per andartene, vero? [abbassando il fucile che porta adesso] Guerra kaputt. Io te lo darei il vestito. In fondo non m'hai fatto niente di male. Solo un po' de paura. Ma tu hai visto tutti quelli impiccati sui giornali?"
- "Sì, sì..."
{--[--(-- Aldo Raine ad Hans Landa: "E casomai un giorno, nella tua nuova vita tranquilla, decidessi di togliertela, di levartela, di sbarazzarti di quell'uniforme..." --)--]--}
"Quelli non te lo darebbero il vestito."
"Io voglio ritornare a casa, lavorare..."
"Là c'è un vestito ma...non posso dartelo. Se vuoi...puoi prenderlo."
"Tu grande amico. Aiutare me. Come americano, e negro."
Siamo un po' nella fantascienza, ma ci penseranno le SS in motocicletta e sidecar (Zündapp? Il sidecar de "il Federale" di L.Salce di certo era un Guzzi) a riportare tutto alla realtà con due sventagliate di mitraglia.
In quel giorno di pieno sole, Aldo Fabrizi, all'ombra del grande albero in cima alla salitella, col fucile carico che da tracolla scende per essere impugnato e puntato ad aspettare l'arrivo di Hans che spunta da lontano sulla strada assolata in lieve salita, sembra uscito da un film di Pietro Germi, Francesco Rosi, Elio Petri o Sergio Leone a venire.
Aldo Silvani - il Medico Condotto a Franco Fabrizi - Zio Tigna: "E' andata così, Tigna. Che ci vuoi fare?".
Fu il giorno in cui il gigante nero smaltì la sbornia e trovò le truppe alleate portando il tabacco americano a quello che una volta giunto sul posto ch'era casa nostra comprese essere il capezzale di mio zio che io scoprii che si può morire anche tenendo gli occhi bene aperti.
Fine...
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E dopo le locandine, i crediti.
Soggetto : Suso Cecchi d'Amico, Piero Tellini e Luigi Zampa.
Sceneggiatura : loro e di Aldo Fabrizi.
Direttore della Fotografia : Carlo Montuori.
Operatore alla Macchina : Mario Montuori.
Montaggio : Adriana Novelli.
Scenografia : Ivo Battelli.
Musica : Nino Rota.
Produzione : Carlo Ponti - Lux Film.
Regia : Luigi Zampa.
Luigi Zampa (Roma, 1905 - Roma, 1991) iniziò con un documentario del 1933, "Risveglio di una Città". Poi frequenterà il Centro Sperimentale di Cinematografia. Conseguente praticantato come sceneggiatore e aiuto regista. Debuttò alla regia nel 1941. Dopo la guerra e "Vivere in Pace", come detto, vennero, in una Vertigine a Ritroso, "Anni Difficili" (1948). Poi si succederanno "Anni Facili" (1953) e "l'Arte di Arrangiarsi" ( 1954 ): una trilogia da Vitaliano Brancati, e tante splendide prove in corso di un Paese. Diresse l'ultimo film nel 1978. E, in mezzo: noi.
(Con, tra gli altri, anche un suo nipote, figlio del fratello Renato, che prese il nome dal padre, nonostamte l'NN, e il cognome dalla madre, Jolanda Curcio: e di Renato Curcio, "il carbonaro", Luigi Zampa si fece carico di provvedere ai bisogni sino alla maggiore età.)
Nota a parte merita la vita e la storia John Kitzmiller:
"http://it.wikipedia.org/wiki/John_Kitzmiller" e "http://books.google.it/books?id=8pevDl3NMUkC&pg=PA109" e "https://eefb.org/retrospectives/france-stiglics-valley-of-peace-dolina-miru-1956/", e da qui in poi, libreria o biblioteca…
P.S. : opinioni di FilmTv su :
-- anni facili (in particolare questa, dell'utente @Fabio1971)
Imprescindibile: "Ridere Civilmente - il Cinema di Luigi Zampa" di Alberto Pezzotta (Cineteca di Bologna, 2012).
"Vivere in Pace" può essere considerato un quadro di maniera, ''appoggiato'' al volemose bene, all'adesso bisogna voltare pagina, ma non lo è: è una favola della buona notte che usa come giaciglio le macerie. Non un'opera ''riconciliante'', di una retorica spiccia: spiccia è la vita. Gran film.
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