Regia di William Friedkin vedi scheda film
Tutto ciò che, in un genere come il poliziesco, dovrebbe risultare ambiguo e subdolo, William Friedkin lo rende palesemente e dichiaratamente ambiguo e subdolo, facendo detonare tutta la violenza potenziale del suddetto genere, rendendo tutto ciò che è "poliziesco", visibile ed emozionale, nonché gestuale; trasformando, quindi, ogni sfaccettatura presente nel prodotto filmico, che sia essa tramica o narrativa, passionale o sentimentale, in "poliziesco"; fa diventare, sostanzialmente, anche i personaggi, con i loro inerenti stati d'animo, nonché relative introspezioni e intenti personali, nel sopracitato genere cinematografico, il quale, esso, diviene il gesto filmico che fa deflagrare la violenza del visibile.
Insomma, anche i momenti più intimi, riflessivi ed interiori, sono degli scontri a fuoco; raffigurati come sparatorie.
L'autore statunitense, comunque, compì lo stesso percorso con L'esorcista, tirando in causa l'aspetto orrorifico.
Tutto, quindi, diventa visibile, sfacciato, quasi pornografico; è violenza filmica; è Immagine violentata.
E nel finale, il più volte citato "visibile" si accumula così tanto, arrivando allo spasmo, eccedendo fino a divenire traboccante ed inesorabile, portando tutto, personaggi e storia, Immagine e Visibile, ad un inevitabile collasso; un atto di individualismo estremo e corrosivo.
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