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Vivere e morire a Los Angeles

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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La recensione su Vivere e morire a Los Angeles

di supadany
10 stelle

Poliziesco con gli attributi al quadrato che William Friedkin confeziona con una solidità sconvolgente, miscelando le tante connotazioni della storia con estrema sicurezza, facendo diventare sempre più flebile i confini tra la legge ed i criminali e proponendo una escalation di eventi che non lascia tregua e che si amplia come una macchia nera su di una superficie chiara.

Richard Chance (William L. Petersen) è un agente federale disposto a tutto pur di vendicare il suo compagno di lavoro deceduto per mano del falsario Eric Masters (Willem Dafoe).

Farà così di testa sua, cercherà di incastrarlo, ma per farlo dovrà infilarsi in altri giochi sporchi, finendo col mettere a repentaglio la sua vita e quella di chi si trova al suo fianco.

Friedkin torna sui (leggendari) livelli de “Il braccio violento della legge” e realizza un film  ricco di colpi di scena, con piccole finestre che si aprono fino a diventare enormi (vedi il piano approssimativo per recuperare i 30000 dollari da consegnare a Masters), con un racconto dissoluto, ondeggiante tra una vendetta necessaria ed un significato della parola legge sempre più a rischio (anche perché è la legge per prima ad essere fallace, vedasi le dichiarazioni dell’avvocato di Masters a Vukovich).

E quando un’arma da fuoco esplode un colpo (e ce ne sono diversi) quest’ultimo uccide o fa molto male, il che aumenta la partecipazione e la violenza non passa inosservata, ma viene percepita per il dramma che si porta appresso.

Assolutamente fantastico poi l’inseguimento in auto (direi una tra le migliori scene action di sempre), con un contromano incredibile (anche per come è stato ripreso), una tensione sempre vivissima (col socio Vukovich che non vuole credere a quanto sta accadendo) e quando tutto finisce l’urlo di eccitazione di Chance è emblematico di come la situazione sia sfuggita di mano (così come la verità che emerge in seguito è raggelante).

E tutta la parte finale che ne scaturisce è un continuo ribaltamento di tante concezioni consolidate (a partire dal ruolo che assume il protagonista, ma non solo, vedasi il collega e la donna di Masters) con una riflessione conclusiva schietta e senza via di scampo (i valori e la morale sono andati allegramente a farsi fottere).

Direi quindi trattasi di un vero e proprio “cult-movie” (sottolineato da una colonna sonora adrenalinica e da una fotografia eccellente), sempre dinamico ed in costante evoluzione, con solo alcuni sviluppi che paiono un po’ semplificati, ma per il resto si viaggia su livelli altissimi, trovando anche un crescendo che lascia pochissimi dubbi.

Nerboruto.

Su William Friedkin

Regia che vanta picchi altissimi, sia quando la parte action prende il sopravvento (almeno un paio di lunghissime scene al limite dell'irripetibile), sia quando si scava dentro il marcio, ma anche nel sangue vivo, dei rapporti tra individui.
Monumentale.

Su

Tostissimo, duro come la roccia, ma il destino del suo personaggio, figlio di una scrittura esemplare ed alternativa ancora oggi, non fa altro che aiutarlo.
Comunque molto bravo già di suo.

Su Willem Dafoe

Un cattivo per congegnato, lui fa il resto e non è poco.

Su John Pankow

Stimolato finisce col rendere.
Anche lui si avvale di una scrittura che alla lunga lo aiuta parecchio e che alla fine lo rende praticamente protagonista.

Su John Turturro

Ancora un pò acerbo, ma senz'altro valido.

Su Debra Feuer

Decisamente bella ed un tocco femminile, per quanto subordinato  sotto tutti i punti di vista, ci sta alla grande.

Su Darlanne Fluegel

Anche lei da il suo contributo femminile con tutti i crismi del caso.

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