Regia di William Friedkin vedi scheda film
Friedkin ha costruito la sua solida carriera alternando ottimi film a episodi meno riusciti, frutto spesso di tesi rapporti con le produzioni. Vanta nel proprio carnet almeno un capolavoro: il terrificante L'Esorcista. Vivere e Morire a Los Angeles è uno dei suoi migliori film. Non nuovo al poliziesco, all'action e al noir, il regista confeziona in questo caso un granitico e preciso meccanismo ad orologeria. Si parte col prologo che ci ricorda il sodalizio tra i "gemelli" nelle forze dell'ordine che operano in strada, si passa poi per il topos dell'agente che a poche ore dalla pensione si immola al proprio dovere, si giunge qundi al revenge movie da western metropolitano. Nichilismo e annientamento dei confini di tutte le etiche professionali al suono (datato) del pop anni '80. I Wang Chung (ricordate Dance Hall Days?) stanno al passo col vero motore delle due ore di pellicola: il ritmo di storia e immagini. I protagonisti corrono, si inseguono (celeberrima la sequenza della fuga in auto contromano), si pestano e si sparano (non si lesina sul sangue). Moda e facce anni 80 a connatare e collocare l'opera nel tempo, anche se nei suoi cardini tutto funziona comunque a perfezione anche col passare degli anni. Donne seducenti, indipendenti e interessanti, meno passive di quel che sembra. E all'orizzonte più che un sole infuocato, si staglia sempre e comunque il maledetto colore dei soldi. Epilogo ovviamente nerissimo. Ma era già nel titolo.
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