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Vivere e morire a Los Angeles

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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La recensione su Vivere e morire a Los Angeles

di Andreotti_Ciro
8 stelle

Non è assolutamente un caso che William Friedkin, regista recentemente scomparso e capace di attraversare vari generi fra i quali l’horror, con L’Esorcista (The Exorcist; 1973) e i film d’azione, torni a distanza di poco più di due lustri a sondare proprio quest’ultimo genere. Se nel precedente Il braccio violento della Legge (The French Connection; 1971) la linea di divisione fra criminali e forze dell’ordine era ben marcata. In questo caso siamo invece al cospetto di una serie di vicende nelle quali le zone d’ombra sono numerose e chi lotta per vendetta e giustizia, fosse anche solo personale, è il caso del detective Chance, è veramente pronto a tutto pur di arrivare al risultato.

 

Friedkin rapito dal romanzo omonimo dell’autore di origine Serba Gerald Petievich, presente anche in qualità di co-sceneggiatore, confeziona un orologio narrativo e di azione di rara efficacia grazie a una sceneggiatura che non lascia nulla al caso, incluso la perfetta caratterizzazione psicologica di ogni characters, e grazie a un cast scelto per ragioni economiche, ma che negli anni a seguire avrebbe rappresentato la nuova Hollywood.

 

William Petersen, che all’epoca era un attore giovane e in rampa di lancio – suo è anche il ruolo di protagonista in Manhunter – Frammenti di un omicidio (Manhunter; 1986) primo tentativo di portare sul grande schermo il successo letterario di Thomas Harris dal quale venne tratto Red Dragon (id. 2002) – crea un antieroe caratterizzato in maniera convincente grazie anche a doti fisiche per le quali lo stesso Petersen non è assolutamente conosciuto. Basti pensare al Gil Grissom di CSI – Scena del Crimine (CSI: Crime Investigation; 2002-2015) ruolo cerebrale che lo ha reso noto al grande pubblico. A fargli da antagonista un Willem Dafoe meno luciferino del solito ma con capacità recitative che già a metà degli ’80 erano sotto agli occhi di tutti. Terzo coprotagonista l’allora giovane John Turturro, nella parte di un microcriminale alleato di Dafoe.

 

Aiutato dalla fotografia firmata da Robby Müller, e dalla splendida colonna sonora creata ad hoc dalla band New Wave Wang Chung, la pellicola di Friedkin rappresenta ancora oggi un eccellente successo narrativo e un deciso cambio di registro di un genere, il thriller, che partendo dai prodromi dell’Hard – Boiled si sapeva calare alla perfezione nel mondo patinato degli anni ’80 dimostrando quanto fosse ormai cambiato il mondo che ci circondava.

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