Regia di Stan Winston vedi scheda film
Stan Winston è stato un demiurgo popolare nel campo dei VFX, in quanto ha realizzato gli animatronics stupefacenti per alcune pellicole di Spielberg, Carpenter e Cameron: in “Pumpkinhead” si cimenta per la prima volta alla regia (poi si dedicherà ai videoclip di Michael Jackson) sfoderando nuovamente il suo incredibile talento artistico in un horror che vanta la presenza di creature impressionanti. La storia parla di una terrificante entità demoniaca invocata da un’altrettanta inquietante strega per colmare la sete di vendetta di Ed Harley (Lance Henriksen), piccolo commerciante di campagna il cui figlio, accidentalmente, rimane vittima di un forestiere alcolizzato dedito al motocross, durante una gita con la fidanzata e i giovani amici. Questo porterà a una carneficina irrefrenabile messa in atto dalla spietata “testa di zucca” in un turbinio sanguinoso di frammenti efferati in cui il mostruoso spirito è deciso a fare a pezzi i responsabili (e non) della sventura di Ed. Senza dubbi il lungometraggio appare cinematograficamente eccezionale, grazie a una fotografia sulfurea, un make-up formidabile e un’atmosfera venefica, tenebrosa; purtroppo non si può negare che, se si voleva elevare a un livello superiore, era necessario coinvolgere degli screenwriter più professionali, capaci di proporre un ricettacolo di maschere interessanti (la bidimensionalità dei caratteri lascia l’amaro in bocca, nonostante le interpretazioni, occasionalmente goffe, siano almeno sufficienti), di evitare incongruenze (non si capisce come mai Ed diventi inaspettatamente avverso alla rivincita, malgrado fosse consapevole dei risvolti che avrebbe avuto la maledizione), e garantire una rappresentazione generale meno bolsa nell'azione (le parentesi slasher sono alquanto violente, anche se si ha comunque la sensazione che manchi qualcosa: rispettabile la scelta di celare lo splatter, però la successione degli attacchi del Pumpkinhead viene sviluppata in maniera prevedibile). Nel cast Henriksen mantiene un carisma rimarchevole (paurose le metamorfosi del volto e memorabili le espressioni costernate nel drammatico inizio), mentre Cynthia Bain (Tracy) e il resto della ciurma reggono delle sagome dignitose ma dai tratti solo abbozzati. Siamo lontani dalla perfezione, eppure il film l’appellativo di cult se lo merita tutto; inutile precisare che gli appassionati del genere non dovrebbero ignorarlo…
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