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Road to Istanbul

Regia di Rachid Bouchareb vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Road to Istanbul

di hupp2000
8 stelle

La disperata ricerca di una figlia partita in Siria per unirsi a Daech. Duro, ma molto coinvolgente e magnificamente interpretato.

In una qualche località belga, Elisabeth e la figlia diciottenne Elodie vivono insieme in una casa isolata in riva ad un lago. Una convivenza senza apparenti conflitti, ma un giorno, di punto in bianco, Elodie scompare. Interrogando una compagna di scuola della figlia, Elisabeth viene a sapere che Elodie è partita alla volta di Cipro con un ragazzo di cui non aveva mai sentito parlare. Si rivolge allora alla polizia per scoprire, dopo una rapida e facile indagine, che la figlia è registrata su facebook sotto il nome di Oum Sana, si è convertita all’islam e ha acquistato un biglietto d’aereo per la Turchia, probabilmente intenzionata a passare in Siria e unirsi a Daech, l’esercito del sedicente Stato Islamico (tradotto in Italia con la sigla anglofona Isis). Le autorità belghe non possono ovviamente agire fuori dai confini nazionali, tanto meno nei confronti di una maggiorenne. Riuscita a mettersi in contatto via skipe con la figlia, Elisabeth la scopre rivestita di uno hijab.nero, acquisita alla causa jihadista, in procinto di sposarsi e felice della sua scelta. Decisa a ritrovare la figlia costi quel che costi, vola in Turchia, accompagnata nei primi giorni da un’amica fidata, poi in completa solitudine. Al termine di una lunga ed estenuante ricerca ritroverà la “sua” Elodie, ma la ritroverà in un ospedale di Istanbul, gravemente ferita e con un piede amputato in seguito all’attacco di un drone delle forze anti-Daech. Elodie le chiede di lasciarla in pace e tornarsene in Belgio, accettando che sua figlia abbia trovato la sua strada, la sua fede e la sua ragion d’essere unendosi ai combattenti islamici.

 

Un film durissimo. L’analisi psicologica approfondita di una madre che ha evidentemente sbagliato tutto per diciotto anni e, imperterrita, continua a sbagliare, è il filo conduttore di una vicenda che chiama in causa la politica internazionale, i rapporti tra culture diverse, lo stato di guerra permanente sulle rive del Mediterraneo. Francese di origini algerine, Rachid Bouchareb mi aveva già impressionato favorevolmente con il suo riuscitissimo “London River” del 2009. L’aria che si respira in questo film è analoga per la disperazione e l’esile speranza di genitori cui gli eventi storici hanno fatto smarrire i figli. Il regista (e sceneggiatore) mette da parte qualsivoglia giudizio sulle motivazioni che hanno indotto Elodie ha compiere la sua scelta. Della giovane convertita sottolinea la caparbietà e l’ingenuità con cui si getta in un’avventura drammatica, forse perché segnata dall’assenza di una figura paterna, forse perché in rotta con una madre fin troppo protettiva, forse perché a disagio in una società che non sembra offrirle alcuno sbocco esistenziale. Sulle sue tracce vediamo gettarsi con altrettanta caparbietà una madre schiacciata dai sensi di colpa. La sua ricerca è talmente frenetica ed emotiva da non concedere alcuno spazio alla riflessione. Elisabeth si dimena, urla e piange. Si illude di poter recuperare un rapporto evidentemente morto e sepolto da tempo, anche se a sua insaputa. L’attrice belga Astrid Whettnall dà vita ad un personaggio difficile e dal ruolo ingrato con la classe propria dei grandi attori. Istintiva e rabbiosa, non cade mai nell’eccesso; a più riprese subisce colpi durissimi, vacilla, sembra crollare, dopo di che riparte stringendo i denti, più determinata che mai. Fin dall’inizio, lo spettatore intuisce che le sue peregrinazioni dal Belgio alla Turchia fino alla frontiera con la Siria sono votate al fallimento. Tutti i personaggi coinvolti nella vicenda, attori per lo più sconosciuti, sono soprendenti per naturalezza e autenticità in un ventaglio di usi, costumi e convinzioni che s’intrecciano, si sfiorano, talvolta si urtano; persone che si osservano a vicenda, comunicano con difficoltà in francese, inglese, turco e arabo.

 

Ripeto: un film durissimo, crudo a dispetto dell’assenza di scene violente, ma realistico e appassionante.

 

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