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In the Grayscale

Regia di Claudio Marcone vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su In the Grayscale

di alan smithee
4 stelle

Cambiare vita e scegliere la solitudine per cercare di capire cosa si vuole in realtà. Un brillante architetto si ritrova a fare i conti con le proprie vere tendenze, e si convince ad accettare il suo nuovo destino. Cronaca non proprio incalzante e sin troppo edulcorata e metaforica di una presa di coscienza complessa e difficile da gestire.

8° IN & OUT FILM FESTIVAL - NICE - FUORI CONCORSO

La crisi esistenziale del trentenne Bruno, brillante architetto di Santiago del Cile impegnato nella realizzazione di una struttura che ambisce ad essere il fulcro di un importante lavoro su commissione che l’impresa ove lavora è riuscita ad assicurarsi, fa sì che l’uomo, sposato da almeno un decennio e padre di un bambino sui sei anni, torni a vivere da solo nella vecchia casa di famiglia, nei pressi di un magazzino ove l’anziano padre trascorre intere giornate in lavori manuali.

Quando il giovane, in occasione di un prolungato sopralluogo a scopo ambientativo e per comprendere appieno lo stile architettonico circostante, si reca nei pressi della località ove va inserito il progetto, incontra la sua guida locale, Fernando, e questi non gli nasconde, anzi quasi ostenta la sua condizione di gay realizzato e fieramente consapevole, ecco che nel giovane molti dubbi ed incognite finiscono, almeno nel suo intimo, per chiarirsi: catapultando l’uomo di fronte ad un bivio che lo mette dinanzi ad una scelta non facile e sin cruciale. Restare con la propria famiglia o seguire il suo vero istinto e andare incontro all’attrazione, fisica ma non solo, che egli prova per la sua simpatica e frizzante guida locale.

La trama non nasconde alcuna novità di fondo, e i dilemmi riguardo ad un outing che pone l’uomo di fronte ad imbarazzanti interrogativi e giudizi da parte del mondo circostante, sono trattati nel film con ogni cliché già percorso infinite volte.

La scelta metaforica di far progettare all’uomo un ponte dai lineamenti avveniristici, che unisca nel caso specifico due comunità, quasi due mondi differenti, e nel senso più teorico e idealmente celebrativo, che possa tracciare un percorso sopra il burrone che separa la sua condizione divisa tra eterosessualità ed omosessualità, diviene qui solo un pretesto furbo e sin troppo elementare nel contesto di un’opera che non riesce davvero mai, nonostante una certa perizia di direzione e i mezzi non proprio irrisori con cui è stata concepita, a scrollarsi di dosso i troppi, fastidiosi luoghi comuni in cui inciampa inesorabilmente, dimostrando qualche originalità di stile o di racconto.

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