Regia di Rino Di Silvestro vedi scheda film
Una favola grottesca nelle intenzioni dell'autore; una volgare commedia che sprofonda nel cattivo gusto, di fatto. Rino Di Silvestro, da buon factotum, firma sceneggiatura, costumi, scenografie e musiche. C'è di che esserne fieri!
"C'era una volta -o forse non c'è stato mai, o forse ci sarà un giorno- una regina senza re ed un castello. Non vi racconteremo la storia del re, ma solo quella della regina e della di lei figliastra. Infatti morendo il re, che poi in fondo non era affatto re ma solo un noto sfortunato costruttore abusivo di castelli con lottizzazione autonoma, aveva lasciato alla giovane moglie: il frutto di un suo precedente matrimonio, una stupenda fanciulla chiamata Baby Love; quattromilaquattrocentoventisette creditori imbestialiti e il castello della Pelota del Pompo Nero, e della Pica, e della Vacca Blanca e della Vacca Nera, e della Vacca Grassa e della Vacca Magra." (Prologo con voce narrante fuori campo)
Baby Love (Violette Lafont), figlia di altro letto, viene munita su commissione speculativa della severa matrigna (ch'è pure regina) di cintura di castità. Quattro emissari di un non meglio precisato Mega Presidente -un russo, un americano, un cinese e il siciliano Cannamozza- sono ospiti al castello per partecipare a un'asta, con in vendita le grazie della fanciulla. Sarà però il classico povero (ma bello) a conquistare il cuore della giovane vergine che, trovato lo stratagemma per rimuovere "l'inghippo", se la spassa per benino e se la porta, giulìvo e contento, a vivere in campagna.
"Noi volere vedere la po'tta, per assicurarci che non sia rotta!": in maniera così aristocratica esordisce il russo (che sembrerebbe essere doppiato dal caratterista Gino Pagnani) di fronte a Baby Love mentre -seminuda- indossa la cintura di castità. Russo che si lancia in parabole ucraine dal dubbio gusto, del tipo: "C'è profumo se albeggia, ma puzza quando oscureggia". La parlata maccheronica (fonte di squallide battute) dei quattro emissari, incaricati di portarsi a casa un pezzo della vergine, si estende anche alla nobile signora, interpretata da Paola Maiolini, che tradisce un accento evidentemente bolognese.
Le massime espresse dai protagonisti, ideate dal genio di Di Silvestro (sceneggiatore, musicista, costumista e quindi -in toto- responsabile di questa perla), rasentano spesso un livello degno di un carcerato in astinenza (o di uno scaricatore di porto, che non batte chiodo da mesi). Ma attenzione a classificare maschilista il geniale Di Silvestro, infatti dopo una lunga serie di infelici battute sulle femmine, per par condicio, è il turno delle donne: "Il maschio legittimo è un imbecille, al quale bisogna sapere far bene da mangiare e rammendare i calzini."
Appurato che il romanticismo -men che meno il sentimentalismo- non è qui di casa, resta da inquadrare, sul piano erotico, quanto rimane. Cioè zero. Nulla. Nisba. Nudi ce ne sono, in abbondanza, ma la sciatteria di messa in scena, il forzato tono grottesco in stile volgare e la inconsistenza di un autore del tutto incapace (anche altrove: ad esempio ne La lupa mannara, Prostituzione o Le deportate della sezione speciale) fanno di Baby Love un prodotto non classificabile, del quale v'è ben poco da essere fieri del fatto che si tratta di un film italiano. Girato, peraltro, nel consueto set allestito al Castello di Balsorano in Aquila. Nelle intenzioni dell'autore dunque, dovrebbe essere una sexy favola divertente ma i risvolti deprimenti la rendono a dire poco insopportabile. Maldestra la regia, piatte le recitazioni (per la maggior parte gli attori sono anonimi), terribili i dialoghi e di pari livello la musica. Questi sì che sono novanta minuti di terrore!
"In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso." (Paulo Coelho)
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