Regia di Adam McKay vedi scheda film
Scommettere sulla fine di un sistema; andare contro ciò che apparentemente ci pare (o ci hanno fatto credere come) solido e inaffondabile. La bolla immobiliare si abbatte sul mondo finanziario e stermina come un ciclone tutti coloro che si sono fatti trascinare dalla corrente dei facili guadagni. Tutti, tranne 4 folli paladini della verità.
Quando un bizzarro, introverso e caratterialmente ombroso gestore di un fondo di investimento inizia ad intuire che il sistema obbligazionario americano, almeno quello costruito attorno ai mutui-casa, si presenta molto meno solido di quanto può unanimemente sembrare alla totalità del mercato e dei suoi scaltri investitori, la maggior parte dei suoi colleghi lo prende per folle, e le banche, nel vedersi proporre swap al ribasso, ovvero vere e proprie scommesse sulla caduta di quello che appariva il segmento più solido e robusto della base di indebitamenti della società americana, lo assecondano, allettati dalle commissioni che costoro si assicurano su una ipotesi per loro infondata, trattenendo a stento sorrisi ironici che si adatterebbero ad un kamikaze capriccioso, inconsapevole di quel che sta facendo.
Un paio di altre organizzazioni invece, dopo aver studiato da lontano il fenomeno, si convincono che quel bizzarro uomo con l'occhio di vetro ha ragione "da vendere": e che i premi che deve pagare affinché non si avveri la catastrofe da lui preventivata (circostanza che lo vede affossarsi la reputazione sul suo più facoltoso cliente, che pretende di essere rimborsato sull'unghia), sono solo il tempo necessario per preparare il terreno del default più eclatante dai tempi della crisi economica del '29.
Non stiamo parlando di fanta-economia, questo lo sanno tutti e il disastro economico del 2008, quello che in un certo modo anche noi, estranei a quel malcostume immobiliare dilagante negli States (ma presente anche in Europa, vedasi la Spagna), ci portiamo appresso come tasselli incolpevoli ma sottomessi inevitabilmente ai capricci ed ai vizi morbosi della prima economia mondiale.
Il film, dal piglio sicuro, ironico, accattivante, analizza con aria di sfida e un pizzico di esaltazione, l'incredibile scoperta di questo manipolo di uomini esaltati e pure genialmente un pò folli. La vergogna che gli istituti di credito concedessero prestiti garantiti da ipoteca senza istruire un minimo di controllo delle possibilità di rimborso dei privati richiedenti (che le spogliarelliste detenessero 5/6 mutui ipotecari sullo stesso immobile è un segnale incredibilmente allarmante ed è ancor più allarmante che le società di rating, piegate dalla concorrenza e succubi delle banche, si adeguassero nel formulare le loro valutazioni sui bond alla superficialità di un mondo di carta fragile e al limite del crollo) è una delle vicende più controverse di quel devasto di cui ancor oggi paghiamo le conseguenze, in vario modo.
Più che sulla regia, a cura di Adam McKay, esperto in commedie leggere dai tratti brillanti, che in questo contesto si adegua facendo un lavoro dignitoso, è sugli attori e sul loro charme che il film punta: Christian Bale è bravo sempre, lo sappiamo, ma qui il suo perfezionismo ci fa davvero paura come ai tempi del dimagrimento estremo de L'uomo senza sonno: l'attore deve impersonare un uomo ricco, a suo modo potente, ma complessato per quella perdita dell'occhio occorsa da bambino, che lo costringe a far uso di una protesi: ebbene l'attore, pur certamente coadiuvato da effetti ed accorgimenti adeguati, riesce in qualche modo a strabuzzare un solo occhio e a rendersi strabico per rendere credibile il suo (falso) occhio di vetro, oltre che a rendersi apatico di fronte al resto del mondo, tutto teso alla soluzione del suo rebus rivoluzionario e pazzesco.
Ryan Goslin fa il brillante, parla alla macchina da presa, sciorina il proprio appeal in modo consono ed opportuno alle proprie fattezze e alle ragioni della parte.
Steve Carell è sempre più incontenibile e folle, e qui dà una ulteriore prova della sua abilità di elemento cattura-scena.
Brad Pitt produce e, come già successo altre volte in queste circostanze, si ritaglia un ruolo minore, ma non certo secondario, anche stavolta di persona saggia e moralista, come era peraltro avvenuto in 12 anni schiavo.
Carina l'idea sulfurea di procedere tutto in accelerazione, con trovate divertenti come attori o personaggi famosi che ci spiegano i fenomeni borsistici, anche i più complessi, mentre si stanno prendendo cura di loro medesimi (Margot Robbie, nei panni di se stessa, è nella vasca da bagno, nuda tra le bolle e col calice pieno di bollicine: ci spiega diligentemente il fenomeno della bolla speculativa, poi ci manda serenamente aff.... sul più bello, quando il marcio mondo di Wall Street viene messo in secondo piano dalle sue grazie appena intraviste).
La grande scommessa resta dunque un film dai ritmi accattivanti, furbetto, ben congegnato, un pò fine a se stesso e per nulla nuovo, se si pensa che il seguito di Wall Street, sempre a cura, come il primo, di Oliver Stone, e ancor più il molto bello Margin Call di J.C. Chandor, trattavano già ampiamente e prima di questo la materia, con più professionalità e una minor ossessione per lo spettacolo e l'azione a tutti i costi.
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