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Mustang

Regia di Deniz Gamze Ergüven vedi scheda film

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La recensione su Mustang

di laulilla
8 stelle

La Turchia, all’epoca di questo film, chiedeva di entrare in Europa, ma nelle campagne, assieme alla proprietà feudale della terra e delle donne, vigeva - anche fra le persone acculturate - la mentalità più retriva, unita a uno stretto controllo sociale nei confronti del mondo femminile, come sappiamo anche dal grande cinema di N.Ceylan.

 

Dopo i saluti e gli abbracci rituali agli insegnanti, ecco la festosa baraonda degli studenti a conclusione dell’anno scolastico; le vacanze in vista e, ora, in piena libertà, tutti al mare, a ridere, a scherzare, a spruzzarsi, a giocare con l’acqua, a immergersi e a riemergere...
Così, gioiosamente, i ragazzi e le ragazze vivono il loro presente, allontanando, per una volta, i problemi del futuro, come i cavalli selvaggi e indomabili delle praterie richiamati nel titolo del film.
Siamo sulle sponde del Mar Nero, in Turchia, lontani da Instanbul, la capitale, dove tornerà a vivere l’insegnante che Lela ama di più.
Lela è la più giovane – poco più di una bambina – e inquieta sorellina di altre quattro ragazze orfane, che si apprestano a tornare a casa dalla nonna e dallo zio che si prendono cura di loro.

 

Quale ambiente le attenda si vede subito: accolte a ceffoni, una dopo l’altra, prima ancora di entrare in casa, per la grave colpa di aver giocato e scherzato con i maschi, ponendosi addirittura a cavalcioni sulle loro spalle, sia pure vestite di tutto punto.
Qualche pettegolo aveva visto e raccontato alla nonna dei loro comportamenti scandalosi, facendo balenare il rischio che nessuno se la sarebbe sentita di sposare ragazze così pubblicamente compromesse!
Alle botte, si era aggiunta perciò la visita per certificare, con tanto di timbro, la condizione di verginità della più “vecchia” delle sorelle, la prima che se ne sarebbe andata di casa, dopo la rituale trattativa fra le famiglie, che, a quanto pare, non intendevano mettere in discussione il carattere puramente contrattuale del matrimonio, adeguandosi alle tradizioni che non prevedono né  il parere degli sposi, né, tantomeno, quello delle donne.


In Turchia, paese che, all’epoca di questo film, chiedeva l’ingresso in Europa, non dappertutto andava così, ma così andava e va ancora nelle campagne, legate alla proprietà feudale della terra e delle donne, come ci ha raccontato, molte volte, il cinema di Nuri Ceylan, che degli abitanti ricchi e acculturati di quelle terre remote e isolate ci descrive da tempo la mentalità retriva, dura a morire, condizionata da un controllo sociale tanto stretto quanto ipocrita.


Di fronte alla ottusa e violenta repressione familiare, che tenta di imbrigliare l’incantevole esuberanza delle giovinette, riducendone gli spazi vitali dentro una rete di muri e reticolati, nonché di mortificare la sensualità dei loro corpi giovani dentro orribili abiti senza grazia, la ribellione non si sarebbe fatta attendere: sarà la piccola e indomabile Lela la protagonista della fuga rischiosa verso Instanbul alla ricerca dell’amata insegnante, che l’aveva educata alla libertà, e anche della conferma che la città rende liberi, come si diceva nel Medioevo feudale in Europa!

 

 

 

Piccolo film,  ma solo per la sua brevità, girato con grazia inarrivabile e presentato nel 2015 con ottimo successo, a Cannes, alla Quinzaine des Réalisateurs da Deniz Gamze Ergüven, alla sua prima opera.

La giovane regista, che è turca di nascita, ma vive e lavora a Parigi, ha una solida preparazione culturale e cinematografica, ottimo presupposto per ulteriori future affermazioni, dopo questo importante esordio.

La pellicola, di produzione francese, è destinata, almeno nelle intenzioni della Ergüven, al mercato cinematografico del proprio paese d’origine, ma è stata acquistata e distribuita in tutto il mondo.

 

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QUI si può trovare una bella intervista alla regista.

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