Regia di Deniz Gamze Ergüven vedi scheda film
Piccole donne crescono. Un intero, grande, meraviglioso Paese non sa ancora se e come farlo.
Ambientato in una Turchia sospesa tra Asia ed Europa, Mustang è la storia di cinque sorelle colte nel passaggio (anch’esso irto di pericolose sospensioni) tra adolescenza e giovinezza. I parallelismi non finiscono qui: se il Paese deve scegliere da che parte stare, stretto tra conati di modernità e ruvide resistenze alla secolarizzazione, le ragazzine hanno la necessità di conferire al loro processo di crescita una direzione che ne rispetti le autonomie e le singolarità, in ciò lottando contro concezioni rurali che rimandano bagliori di un’assolutezza e di un possesso che sono l’antitesi della rivendicata modernità.
E’ la più piccola (una meravigliosa attrice di limpida espressività in erba) a farsi carico del racconto, l’unica a trovare un senso alla ribellione, l’unica a farcela, forse, nella realizzazione di quel sogno difficile chiamato Istanbul, ponte tra continenti, sfavillante promessa, realtà di complessa decifrazione.
Il racconto di formazione parte da un bagno di fine anno scolastico: innocente diversivo, esplosione di gioia fanciullesca, il gesto è vissuto dalla famiglia delle ragazze (nonna ondivaga tra affetto e autorità, zio/padre/padrone di fermi principi e mani nodose e solide) quale prodromo di una coscienza sovversiva che mal si addice agli usi e costumi della Turchia del Nord. Il tentativo di inquadrare le fanciulle in schemi di ciclica e riposante ripetitività (il matrimonio combinato, la sessualità offerta quale mero dono religioso di sé, la fissazione di coordinate esistenziali probabilmente conferite in uno con l’acqua battesimale) acuisce, ed anzi sdogana, la sete di libertà delle ragazze, che è uguale ad ogni latitudine e sotto qualsiasi cielo di plumbee regole. Ne seguono gesti e pensieri “alternativi”: colei che è rimasta vergine anche dopo il matrimonio si vede costretta a rinnegare la pietosa bugia dell’essere andata con il mondo intero, la promessa ed infelice sposa si concede per capriccio, quindi sceglie di abbandonare il mondo, la piccolina stringe amicizia con un venditore di frutta ed impara da questi l’uso della macchina, grimaldello di possibili vie di fuga, un’altra, ancora destinata ad un matrimonio non voluto, sceglie di asserragliarsi in casa, costruendosi un bunker e facendosi beffe delle altrui stolidità. Alla fine tutto torna, o quasi: l’abbraccio con la professoressa di città è promessa di crescita regolare e di vizi e virtù finalmente umani. Mentre il Bosforo è sempre lì, forse sornione, forse sofferente, a chiedersi cosa la Turchia sia stata, cosa è, cosa dovrà/potrà diventare.
Fatta eccezione per qualche programmaticità in eccesso, ed alcuni sviluppi narrativi di drammaticità forse necessaria ma che pure appare forzata, Mustang è un film molto bello, nobilitato dalle piccole interpreti che ne costituiscono il reale punto di forza, con la loro recitazione in levare, tutta sguardi, sospiri ed improvvisi bagliori di sorrisi. Opera attuale, peraltro, tristemente al passo con i tempi, sguardo neutrale su una terra che pare non potersi cibare di nulla che non siano gli antichi splendenti fasti e le moderne contraddizioni. Emozionante il finale che, in dieci minuti, racconta un’altra storia, o l’esito finale della prima, con estrema delicatezza di tocco.
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