Regia di Nabil Ayouch vedi scheda film
Presentato alla Quinzaine des réalisateurs 2015 e vietato in patria per «il grave oltraggio ai valori morali e all’immagine delle donne marocchine», Much Loved esce in sala per merito di Cinema di Valerio De Paolis, come già Taxi Teheran del fine-censura-mai Jafar Panahi. Sguardo etnografico su un gruppo di prostitute d’alto bordo (interpretate da non professioniste a esclusione del personaggio centrale di Loubna Abidar), l’opus n. 7 di Nabil Ayouch segue il quotidiano susseguirsi di pause e incontri/scontri sessuali (in luoghi d’eccesso di lusso e pessimo gusto), cesellando vedute oscene sui legami socioeconomici che uniscono clienti e puttane, serve e potenti. Come in Whores’ Glory di Michael Glawogger. Perché anche qui, nella toeletta e nelle parole delle protagoniste, e infine in quegli scorci d’amplesso mai visti in un film d’origine araba, c’è in gioco la mascherata (o il cieco abbandono all’ideologia del dominatore) di donne che si fanno esatta e umiliata figura non solo del desiderio maschile, ma anche e soprattutto della sottomissione economica degli uomini sauditi (ma anche degli europei) sulle donne marocchine, e dunque dei ricchi sui miserrimi. Sesso ed economia globale in una serie di potentissimi quadri d’inferno quotidiano, che Ayouch lega tramite un racconto didascalico, tentato dal romanzesco, ma capace di definire caratteri con pochi tratti e teneramente diretto a una morale di solidarietà tra ultimi.
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