Regia di Nabil Ayouch vedi scheda film
L’animazione delle notti e dei bordelli di Marrakesh non sarebbe neppure immaginabile se non coesistessero su questo nostro pianeta persone che godono di enormi ricchezze e altre che vivono nella più profonda povertà, ma che tra le briciole di quelle ricchezze cercano il loro impossibile riscatto umano e sociale.
E’ quanto accade in questo film alle protagoniste Noha (Loubna Abidar), Randa (Asmaa Lazrak) e Soukaina (Halima Karaouane), tre belle ragazze, gioiose e vivaci, che accoglieranno più tardi, nella loro abitazione, Hilma (Sara Eihamdi Elalaoui), giovanissima e incinta, appena giunta in città.
Le tre si mantengono grazie alle discrete somme di denaro che guadagnano prostituendosi, di notte, in quella città. Come tutte le giovani donne, anch’esse coltivano sogni e speranze per il futuro: sono convinte che i guadagni di oggi renderanno più facile il loro sistemarsi, domani, in terra di Spagna, dove nessuno le conosce e dove ogni donna è libera e gode del generale rispetto che tocca a ogni essere umano.
Per ora, esse vendono il proprio corpo presso una casa di appuntamenti di buon livello, la cui clientela saudita è trattata con ogni riguardo, essendo costituita da sceicchi molto più ricchi e molto più potenti degli uomini d’affari europei o americani, ma anche molto esigenti nelle pretese: essi, infatti, cercano ragazze belle e disinvolte, che sappiano parlare e ascoltarli con dolce sottomissione, che sappiano danzare per loro, e, naturalmente, soddisfare ogni loro richiesta, per quanto impegnativa e stravagante.
Il film lascia emergere la crudeltà dello spietato potere assoluto maschile nei confronti di queste giovani donne, trattate come animali da sfruttare fino allo sfinimento o come giocattoli erotici da usare e gettare: il possesso del denaro autorizza qualsiasi offesa, qualsiasi abuso, qualsiasi violenza.
Nella società di Marrakesh, città tra le più ricche del Marocco, d’altra parte, la prostituzione (femminile o transessuale, presente nel film), pur contribuendo non poco allo sviluppo dell’economia cittadina, è fortemente stigmatizzata e circondata da universale disprezzo, ciò che permette a tutti di infierire sulle prostitute con arroganza insolente: così la famiglia di Noha, che, pure, da quell’attività trae benessere e sostentamento; così il poliziotto corrotto che approfitta della sua posizione di potere per minacciare e ricattare la donna, umiliandola, stuprandola, e costringendola al silenzio.
Il film si trasforma a poco a poco in una denuncia molto dura non solo del potere maschile, ma dell’ambiente profondamente ipocrita, dominato dal perbenismo di facciata, in cui la legge non è uguale per tutti. La parte più bella del film è la rappresentazione dell’affettuosa solidarietà fra le donne, che - rassegnate a subire con rabbia silenziosa - angherie e soprusi - si aiutano e si soccorrono vicendevolmente, ridendosela, spesso per farsi coraggio, degli stravaganti ricconi sauditi e delle loro assurde richieste.
Su di loro veglia affettuosamente Said (Abdellah Didane), il fedele servitore e autista, unico personaggio maschile che, disinteressatamente, ne riconosca la dignità umana, proteggendole con grande docezza e amandole davvero.
Presentato con successo al festival di Cannes nella Quinzaine, aveva subito pesantissimi attacchi da parte del governo marocchino, che ne vietò la distribuzione in tutto il paese, mentre la magistratura intentava processi per oscenità contro Loubna Abidar, la bravissima attrice interprete della parte di Noha.
Il film – interessante in ogni caso – merita una visione anche per la persecuzione censoria del tutto ingiustificata. L’oscenità è, come ho detto all’inizio, nella enorme sproporzione fra i ricchi e i poveri del mondo, non nei discorsi delle donne (non sicuramente da educande: lo impedisce la verosimiglianza) e neppure nelle vicende che vi si rappresentano, mai disgiunte dalle sofferenze di chi le subisce.
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