Regia di Han Jun-Hee vedi scheda film
Coin Locker Girl è un film sudcoreano del 2015, scritto e diretto da Han Jun-hee.
Sinossi: Il Young è stata abbandonata subito dopo la nascita in un coin locker della metropolitana di Incheon; la neonata viene trovata da un barbone che decide di crescerla tuttavia all’età di 7 anni viene rapita e venduta ad un organizzazione criminale, specializzata in estorsioni e traffico d’organi, guidata da una gelida donna nota come “Mamma” (Kim Hye-soo).
La ragazzina cresce in un clima di paura e violenza diventando essa stessa parte di quel sistema malato fino a quando non incontra un giovane chef, indebitato con l’organizzazione…
Coin Locker Girl segna l’esordio dietro la macchina da presa del giovane Han Jun-hee (classe 1984), in patria ritenuto essere uno dei più brillanti prospetti della sua generazione, già visto all’opera nel 2013 in veste di sceneggiatore nel film The Gifted Hands.
Il regista ha le idee chiare e realizza un crime-movie asciutto, elegante e brutale molto vicino allo stile cupo e nichilista di Park Hoo-jung e allo stesso tempo costruisce una certa poetica intorno alla sua protagonista che richiama inaspettatamente, visto la tipologia di film completamente opposti, diversi stile del cinema di Lee Chang-dong ed a breve lo vedremo nel dettaglio.
Coin Locker Girl dunque si inserisce nel macro-genere del “noir coreano” che da molti anni continua a regalare grosse soddisfazione e questo film non fa assolutamente eccezione.
Han Jun-hee, lo si accennava in precedenza, conosce bene il campo da gioco e decide di perseguire subito una strada ben precisa, collocando al punto giusto i dettami tipici del genere; nell’opera non manca il “classico” sguardo sociale inserito e gestito in un’intelaiatura puramente di genere.
Nel film emerge una raffinata e contorta condanna al capitalismo coreano pronto a sbranare chiunque per soldi, compresi addirittura i propri stessi figli.
Pensiamo al personaggio glaciale ed enigmatico interpretato magistralmente Kim Hye-soo (“Mamma”, apprezzata in pura in A Special lady), il cui unico scopo nella vita è guadagnare denaro sfruttando tutto e tutti ed eliminando senza pietà chi ritiene inutile; lei incarna ed allude all’immagine tipica del capitalista spietato e senza scrupoli, a capo di una grossa Chaebol (grande conglomerato industriale gestito da una singola persona o da una famiglia).
Il regista non si risparmia neppure una rappresentazione impietosa delle forze dell’ordine (consuetudine del cinema locale), corretto e al servizio dei criminali; a tal proposito interessante la scena in cui due personaggi di spicco appartenenti alle istituzioni, fanno visita a “Mamma” in quanto preoccupati della situazione (scompiglio a causa della ribellione della giovane Il Young).
Nel film fra violenze atroci e continui atti criminali emerge altresì una particolare poetica che coinvolge i soggetti in scena e come scritto in precedenza rievoca addirittura alcuni topos del cinema di Lee Chang-dong.
Innanzitutto risulta determinante il concetto della “famiglia”; tutti i membri dell’organizzazione criminale sono essenzialmente orfanelli cresciuti in un ambiente malsano e feroce tuttavia si sentono o meglio vorrebbero sentirsi parte di una famiglia ma sfortunatamente non sarà possibile e nel film c’è un flashback molto malinconico che testimonia quanto detto: macchina da presa fissa in campo totale con tutta la “famiglia” a tavola che mangia spensierata e sembra quasi essere una famiglia normale ma noi sappiamo che un quadro del genere non potrà più verificarsi. La mancanza di un nucleo familiare e la volontà di sentirsi parte di qualcosa è un aspetto più volte analizzato da Lee Chang-dong.
Altri due elementi condivisi con la poetica del noto autore riguarda sia il passato drammatico dei soggetti sia unastoria d’amore impossibile; la grossa differenza risiede nella rappresentazione qui estremamente più violenta e nichilista.
Valida pure la regia del Han Jun-hee, elegante ed evocativa. Nel film prevale un’atmosfera agghiacciante e le scenografie ed ambientazioni lo confermano: tante sequenze in notturna, pioggia perenne con gran parte dell’azione che si svolge in vicoli sporchi angusti o in zone industriali lontane dal centro abitato.
Sviscerando con più attenzione l’argomento, meritano di essere citate almeno 3 scene:
1) Partiamo dal primo segmento in cui ci viene mostrata una tipica giornata lavorativa della giovane Il Young.
La ragazza deve riscuotere un debito e si reca in una sala da gioco clandestina. La sequenza parte in medias res con un long take composto da una carrellata verticale che segue il movimento di Il Young, ad un certo punto la carrellata lascia il posto ad una zoomata in avanti e la macchina da presa ad un certo punto si ferma insieme alla protagonista che osserva bene la situazione e allo stesso tempo capiamo di trovarci in una sorta di bisca clandestina.
La scena continua caratterizzata dall’interazione tra la ragazza ed il creditore e qui si aggiunge un altro elemento cardine del film: una violenza brutale ed improvvisa un po’ alla Takeshi Kitano.
2) Un soggetto chiave del film si trova rinchiuso in bagagliaio e sta per essere giustiziato. L’evento clou della scene viene ripreso con un campo lunghissimo e macchia da presa fissa dove intravediamo il sicario impugnare il fucile pronto a fare fuoco mentre la vittima è si trova fuori campo tuttavia qualcosa va storto ed inizia una breve e serrata lotta sempre con la vittima fuori campo e soprattutto assisteremo ad un ribaltone dei ruoli.
3) Il doppio finale. Il primo consiste in una classica resa dei conti messa in scena però in modo asciutto ed elegante con le ultime tre/quattro inquadrature impeccabili ed altamente evocative: movimento estensivo ad allontanarsi dalla protagonista seguito da una serie di inquietanti pillow shot focalizzati su ambienti vuoti senza la minima presenza umana ed il tutto comunica lo stato d’animo del soggetto ormai davvero solo.
La conclusione invece è inattesa ed assistiamo ad una trasformazione alquanto tetra e sconsolante: SPOILER……….. Il Young è diventata la nuova “mamma” dell’organizzazione.
Esordio notevole da recuperare assolutamente.
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