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I vitelloni

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su I vitelloni

di maso
10 stelle

"I Vitelloni" ha un pregio indiscutibile rispetto alla maggioranza dei film di Fellini: è il meno onirico di tutti e quindi accessibile a chiunque specialmente a chi come me si è sentito un po' vitellone davanti a quel mare in inverno osservato dai cinque amici incappottati che non hanno di meglio da fare se non sperare che se li porti via con tutti i loro sogni.

Fellini questa volta riversa se stesso nel personaggio di Moraldo che alla fine si stanca di aspettare un'onda che se lo porti via dalla monotonia provinciale della sua Rimini e lascia gli amici a sognare addormentati un futuro diverso da quella realtà bloccata in un giorno qualunque di un anno qualunque.

Il vitellone è un trentenne senza pascolo, uno scroccatore di sigarette assiduo, uno scrittore simpatico come l'inchiostro, un latin lover un po lovin' later anche se ha una famiglia a cui pensare e nessun pensiero per chi pensa a lui, senza direzione, senz'arte ne parte gironzola per i viottoli di Rimini in cerca di facili avventure e ammazza il tempo con scherzi da quattro soldi anche se in tasca non ne ha nemmeno tre, su quella spiaggia grigia e vuota il rumore del mare è interrotto da uno di loro che chiede se per 10000 lire qualcuno si butterebbe ma in realtà per soffocare la noia ci si ammazzerebbe di freddo anche gratis.

L’altra faccia del vitellone è quella di fronte al nucleo famigliare con un padre che dispensa cinghiate sulla schiena dell’impertinente Franco Fabrizi attratto dalle donne misteriose che popolano i cinema la sera ma anche dalla moglie del suo datore di lavoro che lo ha assunto per amicizia del cognato e lo ha trattato come un figlio ripagato dall’immaturo ragazzo con sbruffonate imbrogli ed avances alla sua signora, le soffiate di naso sulla gonna della mamma di un Alberto Sordi infantile e allergico al lavoro, condizione espressa nella sequenza famosissima dei lavoratori della massa sbeffeggiati dal suo manicotto e le sue pernacchie con la quale Fellini riesce anche ad esprimere la sua sottile ironia in un film che tocca prevalentemente le corde della commozione e la malinconia, basti pensare alla scena in cui Alberto all’alba di ritorno dalla festa di paese mascherato da donna ed ubriaco vede la sorella prendere la sua strada con un uomo misterioso verso un futuro incerto come quello suo e della madre in lacrime, “Metti giudizio Alberto” sono le parole che la sorella gli consegna piangendo prima di salire in macchina.

La forza di questo film è intatta ancora oggi a dimostrazione che il primo amarcord di Fellini privo di virgole colorate e svarioni lisergici ha un valore altissimo nonostante sia cambiata Rimini e siano cambiati i vitelloni di oggi, magari gli spolverini sono diventati dei giubbetti jeans e i cappelli a tese larghe berretti a visiera colorati ma quel mare in inverno è sempre lì costantemente in movimento con il suo potere anestetico avvolto dal gelo di un vuoto direzionale che ognuno di noi anche per pochi istanti si è fermato ad osservare e per un secondo almeno ha pensato di potercelo affogare.

 

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