Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Vivere al di fuori, e al di sopra della vita: e illudersi, così, di poter sorvolare sulla spoglia realtà della provincia, tanto avara di risorse e di prospettive. Poiché in questo "sporco paesino" non succede mai nulla, allora neanche a noi potrà mai accadere alcunché di male: tale sembra essere l'incosciente sillogismo dei "vitelloni", ormai sovradimensionati come ragazzini, ma inadeguati come adulti. Il senso della responsabilità deriva dalla capacità di attribuire, in maniera consapevole, i pesi e le misure ai vari aspetti della vita: ma quando niente intorno a noi sembra importante, viene istintivo distogliere la mente dai grandi progetti, e dai pensieri profondi, per afferrare la povera sostanza dell'istante passeggero. La leggerezza di Fausto e compagni è una radicale forma di astrazione: è lo slancio incontrastato con cui il piede attraversa una terra fantomatica, calciando zolle dalla spettrale inconsistenza. Sotto le suole essi non avvertono l'attrito della storia, né la traccia di chi è già passato. La gravità, per loro, è solo la terrena forza di attrazione che spinge in direzione del piacere; il quale, però, non è neanch'esso così rilevante da poter assurgere a valore. Questo film ha la grottesca ilarità di un clown che fa la faccia triste; è un funerale circense quello che Fellini officia alla "dolce ala della giovinezza": quella creatura fantastica e soave che da colomba viene tramutata in corvo se, giunto il momento, si rifiuta di volare via.
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