Regia di Laurent Larivière vedi scheda film
Dobbiamo ammetterlo: non sempre la presenza di un'opera a un festival (peraltro prestigioso come quello di Cannes) è una garanzia di qualità: alle volte si prendono delle tronate sulla testa che lasciano il segno e ci si domanda allora se si è trattatto di un favore che si è dovuto fare a qualcuno cedendo alle pressioni, o se i selezionatori avevano altro a cui pensare quando lo hanno visionato e scelto.
Sono riflessioni che sorgono spontanee di fronte a un film come questo "Je suis un soldat" di Laurent Lariviére (programmato sulla Croisette nella prestigiosa sezione di "Un certain regard) davvero di una noia mortale e di sorprendente inconsistenza nonostante che ponga al centro il problema della crisi che da un po' di anni ci attanaglia e che costringe molti a provare trovare nuove quanto inedite soluzioni per rimanere a galla.
Al centro della storia, c'è una bella ragazza, Sandrine (interpretata dall'affascinante ma sprecata Louise Bourgoin) che arrivata alla maturità dei trent'anni, avendo perso il lavoro e non essendo più in grado di mantenersi, si trva costretta a rinunciare alla sua indipendenza e a ritornare nell'alveo familiare accettando un lavoro non proprio edificante alle dipendenze dello zio nel business dei cani.
Tra risibili colpi di scena e altrettante indicazioni contraddittorie, il regista comincia prestissimo ad annaspare: prova a salvarsi tentando inutilmente di trovare un possibile registro giusto per dare un senso alla sua zoppicante narrazione, ma non ci riesce e finisce per sperimentarne troppi (peraltro malamente) complicando ancor di più la situazione passando dal thriller al melò e alla causa animalista, spingendosi persino nel sociale, ma alla fine annega clamorosamente nella banalità mentre lo spettatore pur con tutte le buone intenzioni con cui aveva deciso di affrontare la visione, perde la paziensa e getta a sua volta la spugna.
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