Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
Pietrangeli stende lunghe pennellate di colore grigio sull'imbarazzato approccio tra due solitudini: quella di Adolfo, proveniente dal frustrante anonimato della metropoli, e quella di Pina, immersa nella deprimente desolazione della provincia. Il loro agire si impantana nella melma dei loro limiti e delle loro abitudini inveterate, depositate come incrostazioni sulla loro triste ordinarietà. Come in altre opere dello stesso autore, i personaggi sono definiti dal loro essere fuori posto, dalla scomoda nicchia che si sono maldestramente scavati in mezzo a una realtà ostica e dissonante. Il silente protagonista del cinema di Pietrangeli è il disallineamento, che per la Celestina de "Il sole negli occhi" e l'Adriana di "Io la conoscevo bene" coincide con lo spaesamento rispetto ad un ambiente sconosciuto, e, in questo film, si identifica con l'attrito tra i due protagonisti, che hanno bisogno l'uno dell'altra, eppure non riescono ad incontrarsi. Lui è artificialmente levigato, lei innaturalmente imbottita, ed infatti le loro personalità si scivolano addosso, anziché incastrarsi, perché sono ognuna racchiusa nella propria bolla protettiva, che copre le differenze, come per prevenire le incompatibilità. La storia de "La visita" è un amaro teatrino della finzione, in cui la galanteria è goffa adulazione, e la docilità è malcelata insicurezza; laddove il dramma dell'età di mezzo si manifesta in quella incapacità di illudersi e mentire a se stessi che è lo sciagurato rovescio della maturità.
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