Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Viridiana (Silvia Pinal) è decisa a farsi suora. Prima di prendere i voti fa visita a Don Juan Hidalgo (Fernando Rey), un ricco zio che vive in un vecchio castello in aperta campagna. Questi si innamora di Viridiana e con l'inganno cerca di distoglierla dai suoi propositi religiosi. Vista l'impossibilità di poterla sposare, Don Juan si impicca. Viridiana diventa così proprietaria del castello e si dedica a opere di carità cristiana. Raccoglie tutti i poveri della città e li porta al castello offrendogli vitto e alloggio. Ma la sua sincera predisposizione al bene si scontra ripetutamente con l'incapacità dei beneficiati di saperla apprezzare e si vedrà costretta a soccombere al cospetto di una umanità miseramente lasciata in balia dei suoi istinti più brutali, un'umanità naturalmente irrispettosa delle buone maniere e inconsapevolmente blasfema verso la santa religione di Stato.
"Viridiana" è il primo film spagnolo di Bunuel dopo circa trentanni di esilio. Premiato a Cannes, il film è tra i più controversi del maestro spagnolo, pervaso di un pessimismo che sembra non concedere scampo al genere umano. Memorabile la sequenza in cui i poveri riescono ad intrufolarsi nel castello e, in assenza dei proprietari, si mettono a banchettare con tutto ciò che riescono a trovare. Ad un certo punto c'è una scena che li ritrae in un modo che ricalca fedelmente "L'ultima cena" di Leonardo. Questa scena fece scandalo : in Spagna il film fu proibito e il Vaticano parlò di "insulto alla religione cristiana". Premesso che è del tutto inutile entrare nel merito della questione dato che stiamo parlando della religiosissima Spagna del Caudillo Franco e che la Chiesa e la vera inventrice di ogni tipo di azione preventiva contro i disturbatori della morale corrente, credo che "Viridiana", più che un film contro la cultura cristiana, sia una parabola anti religiosa che, attraverso la dissacrazione dei suoi orpelli formali, evoca l’ipocrita tendenza a perpetuare nel tempo una religiosità tanto praticata convenzionalmente perchè acriticamente accettata, quanto inutile e nociva perchè non intimamente sentita. Sia l'ingratitudine di cui viene fatta oggetto Viridiana, che l'irriverenza dimostrata dai suoi beneficiati verso gli oggetti simbolo della fede religiosa, stanno a dimostrare l'irreversibile incapacità dell'uomo di riconoscere il bene e di farsene partecipe e questa evidenza non è altro che il logico corollario di un mondo votato al culto di una religiosità estetizzata e non spirituale, che è delle cose non nelle cose, una religiosità che non sa andare alla sostanza di azioni autenticamente disinteressate. Bunuel desacralizza la materia religiosa e ci offre un umanità del tutto ignara di quale sia il percorso che conduce alla salvazione e che intanto si concede alla blasfemia più sfrenata e iconoclasta.Viridiana è la vittima sacrificale di un mondo retto dagli egoismi individuali piuttosto che dalla solidarietà che dovrebbe sorgere dalla condivisione di un destino comune. Scopre l'inutilità della sua opera pia, e il finale del film c'è la restituisce mentre sembra accogliere le ambigue lusinghe del cugino Jorge (Francisco Rabal), il simbolo del nuovo che avanza, la nuova borghesia che sta per prendere il posto della decadente classe dei vecchi proprietari terrieri (il passaggio simbolico dal padre Don Juan al figlio Jorge). Vistasi in mezzo all'arrivismo e all'ingratitutine umana, Viridiana sceglie la comodità della sua agiatezza economica alla santità di un percorso di fede che ormai gli appare come il simulacro del vero spirito cristiano. Grandi attori e grande film.
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