Regia di Mario Costa vedi scheda film
Rosetta ama Mario, ricambiata, ma lo zio di lei la vuole sposata con un partito più danaroso. Mario ha però un talento notevole per la musica e questa dote lo porterà al successo, ma anche ad allontanarsi da Rosetta.
Quando il cinema italiano era una grande industria e c’era spazio per un fitto sottobosco di produzioni a basso, bassissimo costo destinate a un pubblico generico di poche pretese, mestieranti come Mario Costa (che viaggiava alla media di uno o due film all’anno) e operine come questo Canzone di primavera avevano tutte le ragioni per esistere. È quindi con una certa nostalgia che ci si approccia oggi a una pellicola tanto inconsistente e tanto ingenua, veicolo di canzonette e buoni sentimenti, con un lieto fine ovvio e uno svolgimento narrativo assolutamente telefonato dal primo all’ultimo fotogramma; ma oltre all’effetto nostalgia c’è davvero poco da rimarcare. C’è un giovane Claudio Villa a esibirsi in una particina (nei panni di sé stesso, peraltro), questo sì, e anche il resto del cast è decisamente all’altezza della situazione: Leonardo Cortese, Delia Scala, Aroldo Tieri, Tamara Lees, Checco Durante, Paola Borboni, Piero Lulli e Laura Gore sono i nomi principali fra gli interpreti. C’è Mario Bava impegnato come direttore della fotografia: di lui sentiremo parlare parecchio in futuro. E soprattutto c’è l’artigianato – da due soldi, ma pur sempre artigianato – di Costa, che risulta accreditato anche come soggettista e sceneggiatore, con la collaborazione di Fulvio Palmieri e Paolo Salviucci. 2,5/10.
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