Regia di Hector Babenco vedi scheda film
Tra dimensioni/condizioni che - in teoria - hanno solamente esigui/occasionali punti di contatto e rari/minuscoli sbocchi comunicativi da intraprendere/spartire/condividere, stabilire un canale costruttivo che superi delle diversità insite nell’anima, e non negoziabili a cuor leggero, risulta essere alquanto complicato. Effettivamente, si tratta di un’impresa che ha bisogno di un tempo, quello necessario per scalfire delle corazze costituite da una naturale diffidenza, che spesso non viene concesso e di una predisposizione/disponibilità che richiede di stanziare abbondanti dosi di buona volontà. Un percorso che, quando il dialogo comincia a farsi largo fino a prendere il sopravvento, lima le distanze/divergenze, dando luogo a delle scoperte impreviste, a un arricchimento fuori programma che apporta nuove conoscenze e delle migliorie.
Il bacio della donna ragno deve la stragrande maggioranza delle sue fortune a un balletto a due tra personalità agli antipodi, che avviene al cospetto di una contingenza quantomai proibitiva e con speranze ridotte al lumicino. Ingiustamente dimenticato, è un’opera amara e orgogliosa che per certi versi rimane tutt’oggi valida/pertinente e che per altri presenta descrizioni invecchiate. In ogni caso, annovera delle qualità - umane e cinematografiche, non saprei dire quale delle due abbia la precedenza - al di sopra della media.
In una nazione del Sud America non meglio specificata, Luis Molina (William Hurt – Dentro la notizia, Figli di un Dio minore) e Valentin Arregui (Raul Julia – La famiglia Addams, Presunto innocente) condividono la stessa cella, il primo per un’accusa che riguarda il suo essere omosessuale, il secondo in quanto rivoluzionario e quindi considerato come un pericoloso terrorista.
In un primo momento, tra i due prevalgono i dissapori, con Luis che non perde occasione per raccontare i film che lo hanno emotivamente travolto e Valentin concentrato esclusivamente sulla causa che persegue, ma con il tempo cominceranno gradualmente ad avvicinarsi.
Per entrambi, il futuro non permette di concepire illusioni a buon mercato, ma Luis ha in mano delle carte segrete da giocarsi, con decisioni da prendere che potrebbero riscrivere completamente le sue future prospettive.
Ispirato dall’omonimo romanzo scritto da Manuel Puig e sceneggiato dall’esperto Leonard Schrader (Yakuza, Mishima), Il bacio della donna ragno fu una delle principale sorprese dell’annata cinematografica del 1985/86 anche perché, tra intoppi di varia natura (inizialmente, Burt Lancaster avrebbe dovuto interpretare Molina), importanti problemi di finanziamento (il soggetto non era considerato bancabile), difficoltà linguistiche (per Hector Babenco era il primo lavoro in lingua inglese, al quale seguirà Ironweed, mentre Sonia Braga non masticava mezza parola della lingua utilizzata e nella versione in lingua originale si vede) e varie riscritture, con tanto di divergenze creative tra autore del romanzo e sceneggiatore, le premesse non erano affatto promettenti.
Anche per quanto appena detto, non parliamo di un film esente da difetti, tuttavia incuba/contiene, e in alcuni casi mette in vetrina, dei valori che finiscono per fare la differenza, come una tutt’altro che banale esegesi della contraddittoria e sfaccettata natura umana.
Compresso per larga parte in una cella, racconta di repressioni che non conoscono voci estranee al loro volere, di sofferenze destinate a durare – e ad aggravarsi – fino al trapasso e di condanne emesse e senza appello, con un considerevole lavoro di squadra che amplia le vedute un passo dopo l’altro, non solo per il ripetuto ricorso all’immaginazione, che si nutre della memoria cinematografica, di suo attrezzata di una forza seducente e feconda.
Principalmente, si avvale di un rapporto tra due cuori ammaccati che non hanno intenzione di gettare la spugna, separati da filosofie di vita distanziate da un abisso e con piccoli/costanti avvicinamenti che, in corso d’opera, creano fitte che tolgono il respiro, esplorando angoli remoti e muovendosi tra apparenze e verità, tra un sistema che ricorre a ogni mezzo pur di mettere a tacere le voci contrarie e la fantasia che assume la fisionomia di un bene rifugio, con un spirito forgiato dalla resistenza e da una lotta che non scende a facili compromessi.
Una matrice fortemente caratterizzata, tenace e militante, che talvolta scricchiola ma che contestualmente sa dove trovare un riparo sicuro/affidabile, ossia nelle definizioni puntuali, approfondite ed efficaci dei due (più uno variabile) personaggi chiave, che identificano negli interpreti delle bocche di fuoco da primi della classe.
Così, se William Hurt è stato celebrato/acclamato – da Cannes fino agli Oscar – e offre un’interpretazione trascinante e molto teatrale, che ai tempi era una novità assoluta e che oggi risulta artificiosa/spasmodica, per quanto svolta con un’innata classe e una notevole immedesimazione, Raul Julia esprime un contraltare di indubbia consistenza e altrettanta intensità, mentre Sonia Braga (Aquarius, Dona Flor e i suoi due mariti) è impegnata in una triplice interpretazione, duttile ed espansiva, dalla quale emerge una stoffa cristallina.
Detto di una chiusa dal ragguardevole ed evidente impatto, quantunque l’improvviso distacco tra Luis e Valentin si faccia sentire (anche solo per come le due tracce vengono smistate senza alcun equilibrio), Il bacio della donna ragno è un organismo identitario e appassionato, compiuto ma anche generico (vedasi la scelta di non scegliere una nazione specifica), con gli attributi quadrati e svariati argomenti da condividere, anche se non si fregia di una precisione apodittica.
Con una dichiarazione d’intenti sfidante e un ruolino di marcia che abbraccia contesti distanti, dando un esteso risalto alle parole così come alle immagini, per un complesso redatto con la mano ferma da Hector Babenco (Pixote, Carandiru) e il talento di attori di razza purissima, che si esprimono al loro massimo livello, tra priorità inderogabili e orrori indelebili, spaccature incisive e aggiustamenti eclettici, rivendicazioni da preservare e ferite brucianti.
Fiero e persuasivo, proteiforme e poroso.
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