Regia di Roar Uthaug vedi scheda film
Ero curiosa di vedere come un norvegese potesse affrontare il tema "catastrofico", genere che mi ha sempre divertito molto ma che è stato per troppo tempo affidato alle capacità dei bravi cineasti americani. "The wave" (Bolghen in lingua originale, ovvero "l'onda") rimane un tentativo dalle belle speranze ma che vacilla scena dopo scena proprio come la roccia che provoca lo tsunami nel fiordo della nostra storia. Speravo (e confidavo) nella compostezza scandinava, invece sono incappata nel norvegese che vuole fare l'americano e proprio come nella famosa canzone di Carosone, ci fa una figura decisamente mediocre, per non dire ridicola. La prima parte in verità non è male, rispetta tutte quelle regole di racconto del genere: presentazione dei personaggi (la solita famiglia felice), presentazione del pericolo imminente e i danni che questo potrebbe portare. Non manca ovviamente l'allarme dato dal protagonista che è puntualmente ignorato da chi lo dovrebbe ascoltare. Non manca la scena di forte impatto della frana con conseguente tsunami. La scena della fuga e delle acque che travolgono macchine e persone è di forte impatto, personalmente l'ho vista tutta in apnea e mi ha fatto davvero ben sperare. Purtroppo anche il regista e gli autori della sceneggiatura devono essere rimasti in apnea, partorendo così gli ultimi 40 minuti di puro cinema kitch. Dopo lo spettacolare disastro, il nostro bravo protagonista e padre di famiglia deve rimettere insieme tutti i componenti e torna (a piedi) a cercare moglie e figlio rimasti intrappolati nei sotterranei dell'albergo da dove non erano riusciti a scappare. Che dire? Da questo momento in poi tutti diventano nuotatori e sommozzatori provetti, sapendosi muovere con una certa disinvoltura sott'cqua e dimostrando di avere un notevole senso dell'orientamento, riuscendo addirittura a trovare attrezzi utili per poter scappare, smuovere rocce che tengono bloccate le porte, e muoversi da una stanza all'altra completamente sommerse. Un tracollo completo, e non parlo della falda che ha provocato lo tsunami, quello che viene fatto per rimediare un finale happy and, che nemmeno il più radicale degli spettatori di disaster movimento avrebbe preteso. Auspicarsi che almeno uno dei protagonisti muoia non è bello, ma nemmeno lasciarsi andare all'improponibile salvataggio in extremis che ci viene proposto. Il ridicolo (anche quando è inconsapevole ) strappa almeno un'amara risata liberatoria, che consola in parte alla delusione per un'occasione persa per non aver assistito ad un film catastrofico finalmente europeo.
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