Regia di Stig Björkman vedi scheda film
Ingrid Bergman scriveva moltissimo e registrava tutto. Conservava ogni cosa: il diario cominciato da bambina; la fitta corrispondenza con l’agente Kay B. Barrett (che la scoprì in Svezia), con Irene Selznick (che la accolse in America), con la coach Ruth Roberts (che le insegnò a recitare in inglese); e chilometri di filmini familiari in super 8, scene dal primo matrimonio - un idillio a tre in una verdissima Stoccolma - fino ai postumi del secondo - una Santa Marinella invasa di bimbi, ragazzini, amici, colleghi. Quando Isabella Rossellini ha l’idea di un doc costruito su quest’enorme mole di materiale, fruga nelle lettere e si aspetta di trovarvi la storia del cinema: «E invece, si parla solo di bambini», confessa ridendo alla camera di Stig Björkman, documentarista che già ha affrontato Ingmar Bergman e Lars Von Trier. Così, Io sono Ingrid non è un lavoro per curiosi di aneddoti cinefili o di inediti dettagli privati: Hitchcock, Curtiz, Selznick, McCarey, Renoir, Donen e (Ingmar) Bergman sono poco più che una nota a piè pagina nell’autobiografia di una donna inquieta e determinata, timidissima nella vita ma innamorata dello sguardo della mdp, eternamente impegnata a sfidarsi; quella che, a chi domanda se non si senta priva di radici, risponde: «Cielo, no! Sono libera»; che, nel post Rossellini, rimpiange “solo ciò che non ha fatto”. Affamati di dati e scandali, qui non troverete nulla di nuovo; ma, ad ascoltare bene, sentirete il suono di una voce autentica.
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