Regia di Stig Björkman vedi scheda film
Documentario su Ingrid Bergman (1915 – 1982), ricostruzione della vita privata e professionale dell’eccezionale attrice, divisa fra la passione per la recitazione, coltivata fin da adolescente, e l’amore grandissimo per i figli, poco seguiti, ma sempre in cima a ogni suo pensiero e frequente oggetto delle sue ansie e dei suoi sensi di colpa.
Il regista Stig Björkman ha potuto disporre dell’imponente quantità di diari, appunti, lettere, fotografie e filmati realizzati con cinepresa amatoriale e conservati dagli amici e dai figli.
Ingrid Bergman aveva infatti raccolto una ricca documentazione sui fatti della propria vita: dalla perdita precocissima della madre, a quella del padre, quando, appena dodicenne, era ancora molto forte la sua dipendenza da lui; dalla scuola, ai primi studi teatrali, ai grandi film che la fecero conoscere al mondo intero nel corso degli anni ’40, fino alle vicende d’amore per tre volte seguite dal matrimonio e per tre volte concluse col divorzio.
Björkman, dopo aver selezionato accuratamente il prezioso materiale, lo ha ricomposto secondo cronologia, alternandolo con le scene delle sue più famose interpretazioni e con le interviste ai figli di primo e di secondo letto: Pia Lindström; Isotta, Isabella e Roberto Rossellini jr.
In tal modo egli ci ha offerto – prima di tutto – il ritratto plausibile e vivo di un’attrice dominata dalla passione esclusiva e perfezionistica per il proprio lavoro nel teatro e nel cinema, del quale Ingrid seguiva con grande interesse culturale l’evolversi verso forme nuove e diverse, quelle che lasciavano spazio alla versatilità interpretativa a cui tendeva - evitando la fissità dei ruoli e dei personaggi - e ci ha presentato altresì il ritratto di una madre soave e dolcissima coi figli che la sentivano comunque sempre vicino nonostante i lunghi periodi di lontananza, nonché di una donna inquieta e appassionata nella vita sentimentale.
Il documentario è inoltre la descrizione di un’epoca storica, quella che segue la seconda guerra mondiale, e di un’umanità oscurantista e illiberale, dominata da un moralismo ipocrita, sia nell’Italia povera e retriva della fine degli anni ’40, sia altrove in Europa e soprattutto negli Stati Uniti.
I giudizi spietati e le condanne moralistiche avevano infatti coinvolto la storia d’amore dell’attrice con Rossellini, tanto che, additata come adultera esecrabile, le fu addirittura impedito di presentarsi personalmente alla cerimonia per il suo primo Oscar (1956), cosicché la statuetta fu ritirata in sua vece da Gary Grant: un referendum fra il pubblico che avrebbe seguito – direttamente o in TV – la premiazione, ne aveva decretato l’ostracismo…
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