Regia di Ugo Frosi vedi scheda film
Ultimi giorni di vita di Giovanni Gentile, filosofo e padre della riforma scolastica che porta il suo nome, la più longeva e articolata della nostra storia. Fu fedele al fascismo fino all’ultimo, e venne ucciso a sangue freddo a Firenze il 15 aprile 1944 da un commando gappista. L’opera prima di Ugo Frosi affronta di petto una vicenda rimossa, fin qui priva di una sua narrazione, servendosi della prova maiuscola del protagonista Amerigo Fontani che dà del personaggio un’immagine tormentata ma senza eccessi. Da un punto di vista drammaturgico, il film sceglie soprattutto un luogo, la villa del filosofo, con le sue stanze quiete, dall’arredamento essenziale, teatro di paure e apprensioni (uno dei figli di Gentile, militare fedele a Badoglio, era stato arrestato dai nazisti dopo l’8 settembre). Poi, punta sui dialoghi: quelli tra Gentile e gli ospiti che via via gli fanno visita, prima il figlio Benedetto, poi il prefetto, la cameriera, la moglie, un colonnello tedesco, ma soprattutto l’allievo prediletto che cova sentimenti sinceramente antifascisti. Frosi sceglie un forte understatement espressivo, contrappuntato dalla musica di Béla Bartók. Comprensibile per mantenere la giusta distanza da una così controversa figura storica (anche se l’empatia dell’autore traspare), ma a volte troppo algido, anche un po’ didascalico. Resta comunque un’opera prima coraggiosa e tutt’altro che scontata.
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