Regia di Cesc Gay vedi scheda film
Se si riesce a superare il fastidio per la solita appendice didattica del titolo italiano (Truman è il sobrio titolo originale spagnolo), si può vedere un film di notevole interesse, che affronta un tema delicato e duro con intelligenza e leggerezza così amabili da renderne la visione molto gradevole. Un vero amico è in realtà un uomo vero: true man, quello che non si lascia spaventare dalla morte prossima e inevitabile dell’amico antico e che accorre anche se la richiesta di soccorso arriva dall’altro capo del mondo, dopo anni di silenzio. Così era andata, infatti, quando Tomas, ormai canadese di adozione, (Javier Càmara) aveva raggiunto a Madrid il vecchio compagno di scuola e di avventure giovanili Julian (Ricardo Darin), che si era ammalato senza possibilità di guarire: un tumore all’ultimo stadio e giusto il tempo (quattro giorni) per un passaggio di consegne che diventava soprattutto un affidarsi alla memoria di chi sarebbe sopravvissuto accogliendo fra le proprie mani l’animale simbolo dell’amicizia eterna che tutto accetta senza giudicare né chiedere, il cane di nome Truman, vero uomo proprio come il suo padrone che se ne stava andando. L’aspetto più singolare del film è che di morte, di malattia e del cane stesso si parla pochissimo nel corso di tutta la narrazione: sono presenze-assenze nella mente e nei cuori degli spettatori, ma non incombono opprimendoli angosciosamente, perché tutto il racconto è fatto di squarci della vita quotidiana di Julian, dalla visita medica per la prognosi definitiva, al lavoro (Julian fa l’attore), alle visite dal veterinario, all’adozione in prova di Truman da parte di una famiglia di donne russe; da uno stravagante (in apparenza) viaggio all’improvviso Madrid-Amsterdam e ritorno, a qualche buona mangiata, a qualche generosa libagione… La vita dei due amici che continua, nonostante tutto, insomma, parlando il meno possibile di ciò che accadrà, che rimane sullo sfondo con discrezione, con dolcezza, perché, in fondo, morire è strettamente legato al vivere, alle cose e alle persone che si sono amate e che si devono lasciare, e che conserveranno in sé qualcosa di noi.
Credo che questo, infatti, sia anche e soprattutto un film sull’accettazione della morte, grande tabù dell’uomo occidentale che continuamente la esorcizza tenendola lontana dai suoi pensieri, dai suoi discorsi, dalla sua quotidianità.
In una intervista al Venerdì di Repubblica del 15 aprile 2016, il regista afferma:”Se dovessi raccontarlo in parole direi che è un film sulla despedida, sull’addio… Non si vuol affrontare la morte – di un amico, di un familiare, di una persona cara – e si accampano tutte le scuse possibili… Io credo che sia importante despedirse per non avere il rimorso di quello che non si è detto, di quello che non si è fatto. Truman non è un film su chi muore, ma su chi rimane….su come tu ti relazioni alla persona che muore”.
Un altro film spagnolo ben scritto, ben diretto e ottimamente interpretato, che ci dice molto dello stato di grazia di quella cinematografia, oggi. Da vedere!
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