Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Conoscendo l'aurea di grandezza che circonda Stanley Kubrick risulta difficile credere che, anch'egli mosse i primi passi nel mondo del cinema grazie a cortometraggi e a piccoli film che, a fatica, superano l'ora di durata. "Il bacio dell'assassino, suo secondo lungometraggio, è da etichettare nella seconda categoria e grazie ai suoi sessantasei minuti circa consentì al regista di impratichirsi con un'opera più audace nel minutaggio e di farsi notare dagli studios nonostante il fiasco al botteghino. Siamo lontani dai cult movie che contraddistinsero la carriera del regista nelle decadi successive, ma siamo pur sempre davanti ad un'opera servita ad affinare le competenze cinematografiche del regista più idolatrato di sempre. La storia, scaturita dalla penna di Howard Sackler (futuro Pulitzer), ha per protagonista un pugile di 29 anni, Davey Gordon, che, dopo aver perso l'ultimo match, medita il ritiro definitivo ed il ritorno al paese d'origine. Ma la notte stessa in cui va al tappeto, Gloria, la ragazza sul cui appartamento Davey gode una visuale hitchockiana, viene aggredita da un uomo che la vuole uccidere in un raptus di gelosia. L'intervento di Davey, da poco tornato ammaccato e sconfitto, è provvidenziale: mette in fuga il lestofante, proprietario del locale da ballo dove lavora Gloria, salva la ragazza dalla violenza e finisce per innamorarsene. La giovane donna ammette di essere stanca della pressante gelosia dell'uomo così decide di lasciare New York col nuovo amico. Prima di mettersi in viaggio Gloria e Davey vogliono riscuotere l'ultima paga per il lavoro da ballerina e l'ingaggio del match disputato. Ma il ritorno dall'ex amante per ritirare il salario fa precipitare la situazione... Mentre l'illuminazione è degna di un noir e di un maestro della fotografia, e rivela i trascorsi nell'arte della camera oscura del neo-regista, la storia è abbastanza leggerina. L'amore fulmineo tra i due protagonisti è forse poco verosimile ma è un elemento necessario per l'economia della storia. Se così non fosse il "pugilatore" non avrebbe rischiato l'osso del collo per una sconosciuta spiata dal davanzale, nella penombra della propria camera. Lo stesso Davey ammette a sangue freddo l'assurdità di innamorarsi di una donna conosciuta il giorno prima. Ma il noir necessita di ingredienti appetitosi e sicuri: la donna indifesa che deve essere salvata dall'amato, ed il fallito alla ricerca del riscatto, dopo una vita di espedienti che l'hanno costretto a maturare una dose di scaltrezza sufficiente a farlo sopravvivere ma non ad oscurarne la purezza d'animo. Un ruolo particolarmente azzeccato per un boxeur abituato a darle e prenderle senza riserve. Dall'altro capo non si può rinunciare alle rivoltelle, alle scazzottate, ai luoghi claustrofobici, agli sgherri del gangster. Tra tutti questi elementi a farne le spese è la descrizione del rapporto tra i due giovani e la personalità di lei che non risulta particolarmente delineata. Una mezz'ora in più avrebbe garantito, senza dubbio, un maggior approfondimento nei rapporti tra i personaggi e alla loro caratterizzazione. L'uso dei flashback, invece, è interessante nel momento in cui anticipa, fin da subito, la sorte del protagonista maschile mantendendo lo spettatore all'oscuro della presenza e del destino degli altri personaggi, tuttavia, poiché Kubrick affida al pugile la narrazione (è sua la voce fuori campo), sembrano fuori luogo le sequenze che hanno per protagonisti esclusivi Gloria ed il suo amante. Per narrare questi episodi sarebbero state necessarie ulteriori analessi all'interno del flashback principale. Invece Kubrick vi ricorre, a torto, in un solo episodio andando in contrasto col punto di vista di Gordon. A mio parere, inoltre, la storia finisce in modo frettoloso dopo il duello finale. Il regista ed il suo sceneggiatore preferiscono affidare alla voce fuori campo la descrizione di quanto accaduto in seguito. Scelta stilistica o problema di budget? In sintesi il film presenta difetti e pregi in egual misura: personaggi e storia lacunosi, finale tronco, ritmo poco esaltante. I pregi di questo film sono riconducibili al tema proposto: l'impossibilità di governare tutti gli aspetti della vita, il fato che gioca orribili scherzi pur svolgendo un ruolo equilibratore nel lungo termine. I manichini ricordano un'umanità attonita che guarda impassibile e disinteressata al delirio dei propri simili.
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