Regia di Giorgio Amato vedi scheda film
Diciamo prima le cose positive: "Il Ministro" è un film ben scritto, senza inutili vezzi autoriali e sopratutto senza i momenti di noia e cali di interesse così frequenti nel cinema indipendente italiano.
Giorgio Amato ha un discreto senso del ritmo e la sua sceneggiatura, pur confinando gran parte della storia in un appartamento, procede briosa con dialoghi realistici e vivaci.
Anche il finale, magari un poco prevedibile, arriva dopo una serie di eventi, ribaltamenti e colpi di scena che rendono la visione piacevole e mai pesante.
Alcune caratterizzazioni dei personaggi sono sorprendenti, come la ballerina cinese esperta di ermeneutica (interpretata dalla brava italo-giapponese Jun Hichikawa). Bravissimi Fortunato Cerlino, Alessia Barela e Edoardo Pesce, dai notevoli tempi attoriali.
Gli aspetti negativi invece sono nella confezione un po' sciatta, con una fotografia molto "low budget" e una regia approssimativa che, se può essere perdonata in un opera prima, per un regista al suo terzo lungometraggio è invece un difetto non trascurabile.
Ma forse il limite maggiore di questo film sta nello scegliere una storia fuori tempo massimo: di corruzione e tangenti se ne parla ormai da troppi anni per poter suscitare una vera curiosità o interesse.
Gianmarco Tognazzi, che dovrebbe essere l'elemento trainante, è sempre piuttosto monocorde, con un'unica espressione dall'inizio alla fine, rendendo la sua "recitazione" poco credibile. Ha dedicato questo film a suo padre, ma il paragone con il grande Ugo non depone certo a suo favore.
Tralasciando certi errori (la vegana che mangia mozzarella) e la facile, facilissima ironia sulla padrona di casa vegetariana (i vegetariani sono ormai il bersaglio preferito da sceneggiatori a corto di idee), tutto sommato però, nella mediocrità generale del cinema di fine stagione, "Il Ministro" raggiunge un'ampia sufficienza e può giustificare il prezzo del biglietto.
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