Regia di Giorgio Amato vedi scheda film
Franco Lucci è un imprenditore romano sull'orlo della bancarotta, la sua unica salvezza dipende dalla concessione di un appalto milionario che potrebbe risollevare le sorti della sua società. Le sorti di Franco (Gianmarco Tognazzi), di suo cognato Michele (socio in affari di Franco -Edoardo Pesce) e della moglie Rita (Alessia Barela) sono nelle mani del ministro (Fortunato Cerlino), invitato per cena a casa Lucci. La cena è in verità solo un pretesto per consegnare su un vassoio d'argento una maxi tangente al ministro, condita di cocaina ed escort a pagamento.
Una trama che – detta così – parrebbe uscita da un quotidiano qualsiasi di questi ultimi anni, infatti la didascalia iniziale prima dei titoli di testa avverte: “storia probabilmente accaduta”, il che la dice tutta sull'attualità della storia e sulle sue dinamiche. Il film però va ben oltre, è un ritratto attento e ironico (e mi permetto di dire molto cattivo) su usi e costumi della società di oggi, a prescindere dalle vicende politiche. L'immoralità politica e le abitudini poco pulite (diciamo così) sembrano in effetti una naturale conseguenza di modi maleducati e irrispettosi al limite della legalità di una intera società. Dalla prima scena si intuisce subito che il film non farà sconti sulla personalità del protagonista, non cerca di rendercelo simpatico: una cacca del suo cane al guinzaglio viene lasciata in bella mostra sul marciapiede, “piccola” maleducazione quotidiana che la dice lunga sul carattere del nostro protagonista Franco; maleducazione che pare poi ampliarsi in maniera esponenziale fino a rimanerne lui stesso schiacciato. Franco è continuamente incazzato e in tensione, spende e spande soldi a casaccio: per comprare un vino costosissimo (un Sassicaia che “...non si sposa però bene con il coniglio” - l'episodio alla enoteca è uno dei più simpatici) e ingaggiare all'ultimo momento una escort che si rivelerà in seguito “solo” una ballerina di burlesque (Jun Ichikawa). Per far bella figura non si fa problemi a comprare cocaina da uno strozzino chiamato “Il Pitone” e nascondere nella scrivania del suo studio la valigetta con la maxitangente. Franco non si fa scrupoli nemmeno nel sedurre e indurre alla prostituzione la sua affascinante cameriera di colore (Ira Fronten) una volta accortosi che al ministro non dispiacerebbe. Franco è quindi un protagonista antipatico, irresponsabile e sicuramente negativo. Di contro abbiamo la moglie e il cognato che non sono di meno: egoisti e privi di qualsiasi morale condivisa. Possiamo sperare nel ministro? Sarà lui la svolta positiva alla storia? Quello che ci farà ricredere sulla politica italiana? Non è mia abitudine rivelare finali e fare spoiler, posso solo dire che la commedia di Giorgio Amato è di quelle cattive cattive, politicamente scorrette verso qualsiasi categoria, astenersi chi si può sentire offeso da battute contro gli animalisti o contro i vegetariani e vegani convinti. Questa commedia non è sicuramente di quelle che mette d'accordo tutti, di quelle accomodanti dove la risata è strappata dalla battutaccia o dal luogo comune. La risata che ne scaturisce è di quelle amare, che lasciano il ghigno una volta passata. Il malcostume politico è una conseguenza dei comportamenti poco puliti di chi la politica non la fa, una sorta di assuefazione all'illegalità o comunque ad una maleducazione diffusa. Tra i personaggi in questione non c'è mai una parvenza di pentimento o di ripensamento verso ciò che stanno facendo, la corruzione è un comportamento dovuto per ottenere (così facilmente poi?) ciò che si vuole.
Oggi, in cui spopolano le commedie spagnole e si importano come il pane quelle francesi, Giorgio Amato torna con una commedia del tutto all'italiana, dove l'ironia la fa da padrona. Per il suo nuovo film mette insieme un cast davvero eccezionale in cui tutti riescono a dare il meglio di sé per il proprio personaggio. Su tutti il protagonista, Gianmarco Tognazzi, presente in quasi ogni scena, riesce a mantenere un ritmo e un livello sempre alto fino al finale che rasenta il grottesco. Personalmente ero al quanto diffidente sulla scelta di G. Tognazzi per la parte di Franco, in quanto abituata a vederlo in ruoli da coprimario o in coppia con altri attori, non riuscivo a vederlo come unico protagonista: è stata una bella scoperta, Tognazzi sa stare al centro dell'attenzione e allo stesso tempo dare il giusto spazio ai compagni di lavoro. Fortunato Cerlino è il ministro “perfetto”, quello che ognuno di noi (io almeno) immagino sedere al governo in questi ultimi anni. La cena che ci viene raccontata nel film pare prendere vita da uno dei tanti articoli letti, o dalle notizie apprese nei telegiornali, e la memoria fa presto ad andare ai festini in maschera organizzati dagli assessori regionali laziali, oppure ai bunga bunga di qualche primo ministro fa.
Ma quello che rende il film divertente e per nulla scontato sono proprio i personaggi femminili, che non sono relegati a puro oggetto del desiderio e merce di scambio per i loschi affari, ma al contrario si rivelano per essere le menti più astute di tutta la combriccola.
Io pongo sempre un'attenzione particolare alla colonna sonora, che spesso e volentieri può far la differenza sulla riuscita o meno di un film. In questo caso Giorgio Amato si avvale per la seconda volta di Eugenio Vicedomini, e il risultato è apprezzabile così come lo fu per “The Stalker”.
Curiosità.
Ho iniziato a seguire Giorgio Amato grazie al suo primo film “Extreme-Circuito Chiuso” (un film al quale sono rimasta affezionata per tutta una serie di motivi non solo legati al film), dove nella scena finale il regista appare per pochi momenti nelle vesti di un carabiniere. Anche in questo caso possiamo notare nelle ultime scene Amato in divisa.
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