Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Cronenberg proclama – come, più tardi, in "eXistenZ"- la fisicità dell'immaginazione, che sarebbe prodotta da un circuito di materia organica ed elementi tecnologici, come un vegetale carnoso alimentato da campi elettromagnetici. Secondo questa visione, la percezione sensoriale è una sovrapposizione di stati onirici, tra i quali la tv si inserisce come catalizzatore di allucinazioni. Il mondo perde così la sua consistenza universale, per scindersi in un collage di suggestioni, di stimoli che si concretizzano in idee visive, tattili ed uditive. La successione degli impulsi trasmessi attraverso l'etere e la pelle non garantisce la coerenza logica, e pregiudica la persistenza cosciente del ricordo. Ciò che attraversa i nostri sensi esiste solo nel breve spazio di un istantaneo, personalissimo presente, e viene immediatamente soppiantato: esattamente come, sul monitor, ogni fotogramma è tracciato ex novo dal raggio catodico, anziché risultare dalla deformazione di quello precedente. La frammentazione meccanica e la casualità rendono inapplicabili le regole morali, riducendo alla sola estemporaneità dell'istinto la dimensione entro cui ci rapportiamo ai nostri desideri ed alle nostre paure, ed esponendoci, così, a qualsiasi tipo di condizionamento subliminale. L'annullamento della memoria, col nuovo che – come in "1984" – cancella (e spesso contraddice) il vecchio, è il principale caposaldo della società mediatica, in cui la ripetitività dei format non genera mai noia e la mancanza di confronto e di evoluzione impedisce la nascita di un pensiero critico. Non esiste la crescita, ma solo la sostituzione, e l'unica azione della mente è guardare, anzi, guardarsi. Il gusto di "vedere" del telespettatore continua nel mito di "apparire" dentro al teleschermo, perché è in questi due simmetrici momenti che si esprime il narcisistico piacere di specchiarsi.
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