Regia di Blake Edwards vedi scheda film
Insieme a "Hollywood party" il miglior film di Blake Edwards, raffinato e un po' discontinuo maestro della commedia post-wilderiana. "Victor Victoria" è una delle commedie più scoppiettanti degli anni 80, una pellicola che passa dalla farsa scatenata a intermezzi romantici, da numeri musicali assai stilizzati a riflessioni tutt'altro che scontate sulla sessualità e sulla diversità intesa come valore da preservare. Edwards supera qui il retrogusto cattivo ed estremo del gioco al massacro di "S.o.b.", uscito l'anno precedente, per una commedia molto più godibile e divertente, un vero saggio di bravura per il regista ed il suo cast; la storia di una cantante lirica in disgrazia che accetta la proposta di un amico omosessuale di fingere di essere un uomo è sviluppata con un intuito spettacolare assai felice, che permette al racconto di acquistare il giusto spessore, ma anche di strappare numerose risate nelle scene più debitrici della comicità "slapstick". A mio parere, una delle poche scelte meno efficaci all'interno del film è proprio la sostanziale mancanza di credibilità della Andrews nel ruolo di Victor, che non convince mai del tutto lo spettatore anche se sembra convincere quasi tutti gli altri personaggi; tuttavia, in un racconto costruito sull'artificio voluto ed esibito, potrebbe anche non essere una gran pecca, e non compromette la resa espressiva di una Andrews comunque al top della forma, del fascino e della bravura canora. Nell'ampio cast è impossibile non menzionare lo scatenato Robert Preston nel ruolo di Toddy, mai caricaturale, sempre incisivo nell'insaporire i dialoghi e le diverse situazioni previste dalla sceneggiatura con una presenza scenica pressoché ammirevole, e fra i caratteristi spiccano almeno Lesley Ann Warren e Alex Karras, mentre James Garner se la cava comunque bene in un ruolo certamente meno appariscente. Le immagini sono spesso sontuose, con gradazioni di rosso negli interni che non si dimenticano e con un deliberato ricorso a scenografie in stile Art-Déco, la colonna sonora di Henry Mancini ha vinto l'Oscar, le coreografie sono opulente e generalmente seducenti (tranne un paio di numeri di minore risalto). E inoltre, per essere un film del 1982, una presa di posizione normalizzante sulla questione dell'omosessualità è un merito da non poco: fino ad allora erano stati pochi i film mainstream che avessero tentato di mostrare in una luce positiva i rapporti affettivi tra persone dello stesso sesso, e Edwards sposa la causa con la giusta convinzione. Tra le varie scene, da antologia la Andrews con lo scarafaggio nel ristorante e il dialogo con Garner sugli svantaggi sociali dell'essere donna. Non credo onestamente che l'originale tedesco degli anni 30 possa competere con il remake di Edwards.
voto 9/10
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