Straordinario. The Neon Demon è il lungometraggio più stratificato e sinuoso del regista danese. Un punto d'arrivo nella poetica refniana. Un'evoluzione d'intenti rispetto ad Only God Forgives. Si potrebbe affermare che, essendo meno urgente rispetto a quest'ultimo, The Neon Demon sia il film della maturità di Nicolas Winding Refn. Stavolta, tra l'altro, l'estremismo formale dell'opera precedente viene diluito, alleggerito, raffreddato, ammorbidito - per tanti, quindi, meno opprimente e terroristico -, lasciando spazio ad un simbolismo, in funzione all'analisi interpretativa da parte dello spettatore, più cristallino, evidente, diretto, violento, aspetto che nella sua penultima fatica, invece, risultava più cerebrale, liminale, intuizionale, . C'è anche da dire che, per ciò che concerne la figura chiave della sua filmografia, ovvero quella dell'anti-eroe, The Neon Demon è il film più "nietzschiano" del regista danese. Nietzschiano perché, qua, Refn sembra rifarsi al concetto del super uomo, cucendolo addosso, però, all'anti-eroe, il quale elevandosi, diventa una sorta di super anti-eroe che raggiunge la cognizione del proprio sé, in questo caso del proprio potenziale fisico, destinato, proprio perché superiore, consapevole e divino (acquisendo sicurezza, la protagonista non è più schiava di se stessa, così da poter tendere verso questa "divinizzazione", e a confermare questa sorta di elevazione dell'essere ci penserebbe il triangolo presente nell'importanotissima sequenza della sfilata, il quale in varie culture e religioni rappresenta Dio), ad essere (finalmente!) invidiato, desiderato e divi(ni)zzato, ma, mantenendo insita la sua indole da anti-eroe, anche mangiato ed assimilato. Mangiato perché destinato a spegnersi; assimilato perché destinato ad eternizzarsi. Un super anti-eroe, insomma. Per tutto ciò, The Neon Demon è il film di Refn concettualmente più rivoluzionario.
In The Neon Demon è presente una delle sequenze chiave del Cinema refniano, in cui, tra l'altro, avviene un punto di rottura sia narrativo che formale: quella della sfilata. Si potrebbe dire che è Il momento in cui Narciso (la protagonista) si innamora della propria immagine fisica, nonché il momento in cui, simbolicamente, Refn (l'autore) si innamora della proprio Immagine filmica:
Inutile dire che la (strabiliante) patina formale del film è perfettamente inerente con le tematiche trattate nella suddetta pellicola. Inoltre, il lavoro del filmmaker danese sembrerebbe omaggiare in particolar modo Suspiria di Dario Argento. Insomma, un'opera incredibile, che si insinua sottopelle, quindi indirizzata a crescere all'interno dello spettatore col passare del tempo.
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