Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Nicolas Winding Refn raggiunge l'apice della propria carriera, scagliandosi contro il mondo della moda e le oscure ossessioni che si nascondono in essa.
"Beauty isn't everything. It's the only thing."
Nicolas Winding Refn, Autore - con la A maiuscola - che stimo come pochi altri. Al di là del talento registico, tecnicamente ineccepibile, ciò che ha sempre catturato la mia attenzione nel Cinema Refniano, è il più unico che raro gusto estetico (e il percorso che ne deriverà, nel corso degli anni) dell'immagine e del suono, cosa che possono vantare - dal mio punto di vista, ovviamente - solo pochi altri cineasti, tra i quali Sofia Coppola, Paul Thomas Anderson, Quentin Tarantino (al riguardo, è necessario affrontare un discorso pressochè infinito) e, per l'appunto, Nicolas Winding Refn. Sarà che entrambi, feticisti della perfezione, cerchiamo (e pretendiamo) una determinata visione artistica, sta di fatto che nelle opere di Refn la forma raggiunge una tale potenza e consapevolezza da eliminare - o mettere in secondo piano - la sostanza, diventandone il fulcro.
Quando l’aspirante modella Jesse si trasferisce a Los Angeles, la sua giovinezza e vitalità vengono fagocitate da un gruppo di donne ossessionate dalla bellezza, disposte ad usare ogni mezzo per prenderle ciò che ha.
"Morte a Videodrome. Gloria e vita alla nuova carne". La storica citazione del capolavoro firmato David Cronenberg, non è poi così errata e fuori dal proprio contesto, quanto lo farebbe pensare l'opera in questione e, sopratutto la mente dietro al tutto. Tra tossicodipendenti, guerrieri irascibili, stuntman innamorati, poliziotti in pensione - dalle metodiche discutibili - e Charles Bronson, il regista danese sembra aver scavato un tunnel che porta dritto all'inferno terreno. Un mosaico sta prendendo forma.
I corpi mutano, illuminati da accecanti luci al neon. Non c'è ordine o linearità. Tutto muta, attraverso la sconclusionatezza del caos. Ma è possibile annientare questo infinito meccanismo con un rasoio? Un semplice, singolo taglio netto. La ricerca di un qualcosa che possa essere (vagamente) definito anima non è affatto semplice, anche per Nicolas Winding Refn, spietato come non mai nei confronti della moda. Un mondo ormai usuale e - sotto molti aspetti - insensato, capace di sfruttare la figura umana per poi dimenticarla, gettandola alle proprie spalle. Un mondo che non guarda in faccia a nessuno, corrotto da una diabolica finzione che tutti definiscono chirurgia plastica, ove ognuno vaga con il solo obbiettivo di sovrapporsi all'altro. Il lato più disperato del regista danese ci sbatte, continuamente in faccia la realtà. Una realtà composta da modelle - quasi vampiresche - assettate di sangue, attratte dal piacere sessuale e carnale al punto di spingersi verso la necrofilia(*). La bellezza, o per meglio dire, l'ossessione derivata da essa, ha divorato ogni cosa, trasformandonci in creature che George A. Romero definirebbe "zombi", essere vuoti e digitalizzati dal mondo digitale che ci circonda. Lo stesso Refn pare che lo abbia ammesso, quando nell'ormai lontano 2009, abbandonò definitivamente la pellicola con 'Bronson'.
Corpi impregni di una totale estasi d'apparenza. La musica elettronica di Cliff Martinez - alla sua terza collaborazione con NWR, dopo 'Drive' e 'Only God Forgives' - divampa nella mente dello spettatore, tra piaceri sessuali, chirurgici e sogni proibiti [https://www.youtube.com/watch?v=UgMj5WmKuDo]. NWR prende il controllo della protagonista, quando quest'ultima si ammira, eccitata davanti allo specchio, sfiorandosi la morbida pelle, consapevole della propria bellezza naturale.
Potremmo considerare l'intera pellicola come una forte riflessione sul corpo umano, un'esaltazione della nuda carne posta al centro dell'inquadratura. 'The Neon Demon' è un immenso lago rosa fluorescente, nel quale lasciarsi annegare dalla bellezza del Cinema che, paradossalmente, si tramuta nella parte più demoniaca dell'essere umano. NWR è il vero demone (del neon), un feticismo che lo ha accompagnato sin dagli albori della propria, talentuosa carriera. Qui, però, ha preso totalmente il controllo su tutto.
L'innocenza è pericolosa, così recita la tagline italiana della locandina. L'innocenza, rappresentata da Elle Fanning (Jesse), un po' Lolita e un po' Beatrice, creatura angelica; dotata di una bellezza e una bravura disarmanti, è diventata - istantaneamente - la musa di NWR, capace di inquadrarla con una tale grazia ma, allo stesso tempo, potenza. Jena Malone (Ruby), Abbey Lee (Sarah) e Bella Heathcote (Gigi), il pericolo della moda, tre grandiose interpretazioni che elevano, notevolmente, la loro figura attoriale. Presenti anche Christina Hendricks e Keanu Reeves in ruoli decisamente minori - per il secondo, un sequel/spin-off all'orizzonte?
'The Neon Demon' è questo e tanto altro, o forse, nulla di tutto ciò. Straordinario o fallimentare, geniale o cialtrone, Nicolas Winding Refn - con l'opera che ha letteralmente scosso la sessantanovesima edizione del festival di Cannes(*), nonchè la mia psiche, cinematografica e non - si riconferma essere uno dei più grandi registi contemporanei. Un artista capace di frastornare, ammaliare e, a tratti, paralizzare. Opera d'arte destinata a dividere - come alla sua prima presentazione - pubblico e critica. Ma, per quanto mi riguarda, di OPERA D'ARTE si sta trattando. Consiglio vivamente a tutti di correre in sala e lasciarvi travolgere da tale potenza cinematografica e, quantomeno tentare di evitare un flop di incassi - di questo passo - imminente. A quanto pare - dopo 'The Hateful Eight' di Q. Tarantino - abbiamo/ho il vincitore di questo 2016 cinematografico.
Quando le luci si accendono, il male divampa. L'umanità danza sotto una notte stellata. Non è più una guerra tra uomo e macchina, ma tra uomo ed estetica, perché la bellezza non è tutto. È l'unica cosa. L'unica cosa che ci distruggerà dall'interno.
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