Regia di Tim Miller vedi scheda film
Tutto chiaro già dai titoli di coda: didascalie che scorrono sullo schermo annunciando gli elementi obbligat(or)i dela visione a venire (eroe sui generis, la bella gnocca, il sadico inglese e così via).
In modalità turbo-cazzeggio, sulla scia di modelli fortunati come Kick-Ass, ma con il marchio Marvel a fare da garante (senza le tediose ossessioni masturbatorie da continuity dell'universo condiviso ecc.) a un'operazione "per adulti": forse, ormai, l'unica via per pensare/fruire gli inflazionatissimi supereroistici.
Fin troppo programmatico e autoassolutorio, semmai, Deadpool, nel suo stendere il mantello dell'umorismo triviale e della costante presa in giro del filone: in fondo, lungo quasi due ore, il film percorre clichè e territori strabattuti e usurati, toccando vette ultraderivative e usando un canovaccio così ovvio e prevedibile (come il "cameo inutile" di Stan Lee) che quasi non ci si crede.
Dopotutto, a dominare la scena - dall'inizio alla fine - è quel satanasso di antieroe ciarliero e scorretto che urla (e reclama) simpatia da tutti i pori: stordiscono, dopo un po', la parlantina veloce e irrefrenabile, il frasario triviale, gli ammiccamenti reiterati, la voce ch'esce incontinente da ogni buco e sotto qualsiasi forma - parole, pensieri, narrazione, flashback -, però fa parte del gioco.
E gioco pare essere la parola chiave: film e personaggio giocano incessantemente con l'immaginario pop - il genere, ovviamente, e musica, attori, riferimenti ad altre pellicole, mode, paranoie -, e con lo spettatore - riunito nel rituale di massa della proiezione cinematografica -, del quale esige in maniera apertamente paracula attenzione, coccole e partecipazione.
Wade/Deadpool guarda direttamente in camera più e più volte, nei momenti più impensabili, a dispensare tutta la sua personale garrula galleria di riflessioni, ricordi, manie, intenzioni (anche onanistiche, of course), complessi, amplessi. Un cazzone, poco da fare, ma di quelli a cui è impossibile non guardare con divertimento.
Divertenti, non sempre, le folli ali del vortice ultracitazionista, vero mood dell'opera: tra richiami facili (X Men, film e attori stessi, Wolverine) e azzardi impensabili (Wham, Liam Neeson e la saga bessoniana Taken), non risparmia niente e nessuno. Nemmeno il classico elemento "meta", col protagonista intento a commentare diverse situazioni in presa diretta, e sempre con sguardo ironico/dissacratore il palloso universo dei supereroi.
Cotanta arte di presa per il culo produce quindi sensazioni generalmente godibili, con momenti ispirati e altri meno, e punte innegabilmente esilaranti (la maschera di Hugh Jackman sotto la maschera di Deadpool, la piccola mano ricresciuta e il nome dell'avversario "scritto" coi corpi dei nemici ammazzati scatenano ilarità contagiosa); sebbene magari talvolta si ceda a volgarità di basso, facile livello.
Meno riuscito l'impianto narrativo: trama ridotta all'osso - eppure diluita e dilungata nell'atto di raccontare la trasformazione del personaggio da piccolo criminale stronzo a cui diagnosticano un cancro terminale a mutante stronzo in cerca di vendetta -, e banali inneschi (la ricerca del cattivo, il rapimento dell'amata, i botti finali) rivelano la dimensione di un qualunque revenge movie con protagonista dalle codificate problematiche.
Altrettanto discutibile il reparto comprimari: a parte i quasi capitati per caso "colleghi" buoni (il gigante cromata e la ragazzina arrabbiata), e Gina Carano che si limita a fare il muso duro e wrestleggiare, a colpire - in negativo - è la modesta definizione di un villain davvero troppo anonimo per suscitare il benché minimo interesse.
Per fortuna la supersexy Vanessa (la Morena Baccarin di Firefly e Homeland: una bellezza magnifica sfruttata benissimo) porta un po' di pepe, e perlomeno giustifica le azioni del tizio sfregiato vestito di rosso.
Ficcante e a tratti spassoso l'uso della musica - da segnalare Shoop delle Salt-N-Pepa mentre il Nostro è seduto a strapiombo su un guardrail (pezzo poi ripetuto sui titoli di coda), e Careless Whisper di George Michael che Deadpool fa risuonare dal telefonino per sottolineare il momento romantico con la ritrovata Vanessa) - mentre la regia, tra ralenty, esplosioni e body count si adegua al tono senza sfigurare ma senza neppure distinguersi granché.
Indubbiamente la cosa migliore fatta finora da Ryan Reynolds (bella la battuta se sé stesso attore), probabilmente perché coperto in viso per gran parte del film (e questa non è una battuta): in ogni caso questo supereroe scemo-figo-cialtrone-logorroico gli calza a (super)pennello.
Alla prossima, come naturalmente minacciano le due scenette post-titoli di coda (sempre in tema) ... che è sicura, visto il riscontro esagerato al box office Usa.
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