Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Si amano come una coppia che guarda verso l'infinito:ma lui, anziano e consapevole di disporre di poco tempo, organizza all'insaputa della giovane amante, un complicato congegno ad orologeria in grado di prolungare un rapporto ed un dialogo oltre i limiti delle leggi naturali. Pastiche ambizioso ma lambiccato, martoriato da dialoghi inascoltabili.
Bisogna riconoscere a Tornatore che - già dai tempi de La sconosciuta, e poi con gli intrighi incalzanti e le sorprese-tranello de La migliore offerta - l'aver abbandonato, o almeno messo temporaneamente da parte le ambientazioni sfacciatamente mediterraneee e partenopee, che dagli esordi hanno caratterizzato forse troppo inflessibilmente il suo cinema, si è rivelato una coraggiosa ed ambiziosa occasione per far acquistare al regista una dimensione più internazionale. Circostanza che ha pure contribuito a completarlo e sfaccettarlo come cineasta (per non parlare dei benefici effetti de Una pura formalità, pure lui avulso da ogni influenza "meridionale", ed il miglior film in assoluto del regista siciliano, a mio modo di vedere).
Dopo i successi meritati di un esordio coi fiocchi de Il camorrista, ed i premi internazionali (a mio avviso pertinenti) di Nuovo Cinema Paradiso, con il tendenzioso L'uomo delle stelle e l'atona fissità di Malena/Bellucci, il cinesta rischiava di incamminarsi su una via pericolosamente e rovinosamente in discesa senza ritorno.
La nuova strada intrapresa con il già citato Una pura formalità - e proseguita, spesso nel segno del thriller psicologico saldamente radicato nel territorio di ambientazione, e dopo la non fortunatissima (ma a mio avviso valida) parentesi "americana" de La leggenda del pianista sull'oceano" - sembrava averci ridato un Tornatore nuovo e interessante, narrativamente molto ricercato e sofisticato, intrigante, forse un pò contorto, ma in grado di saper attrarre.
La corrispondenza, per il cast certo ridotto all'osso, ma di valenza internazionale, e l'ambientazione nuovamente nordica, tirolese in questo caso, parte con le premesse ed il piede giusto per catalogarsi come un nuovo capitolo di una storia di fantasia con cui l'autore cerca nuovamente di non lasciarsi travolgere dai fardelli geografici divenuti negli anni, almeno per lui, un luogo comune appiccicatoglisi addosso con troppo qualunquismo e supponenza.
Ed è comprensivamente piacevole - riuscimo a comprenderlo - per un regista e sceneggiatore immedesimati verso una storia, lasciarsi andare e travolgere dalle trame di fantasia, magari anche quelle che risultano a tutti gli effetti improbabili ed ardite, quelle con cui un autore può lasciarsi andare, forse un pò a ruota libera, nel raccontare, come avviene qui, una storia d'amore che si sforza, con stratagemmi machiavellici e decisamente ingegnosi, di durare anche oltre i limiti umanamente concessi dal destino e dalla natura.
La storia d'amore tra una avvenente studentessa fuori corso di astrofisica, che lavora nei ritagli di tempo come stuntgirl al servizio di produzioni cinematografiche impegnate a girare complicate e pericolose scene d'azione, ed un maturo e brillante professore della stessa materia, vedovo con una figlia coetanea della sua amante ed un ragazzino di circa dieci anni, si tinge di sfumature di giallo quando la donna scopre da fonti esterne che il suo uomo è improvvisamente deceduto.
Incredula, sconvolta, la donna cerca di saperne di più, ma né i figli del deceduto, né alcun altro attorno a lei, paiono collaborarema solo tergiversare e prendere tempo.
Tuttavia alla ragazza cominciano a venir recapitati, con cadenza sempre più regolare, dei messaggi e poi alcuni dvd in cui l'uomo le appare, dandole precise istruzioni e parlandole di molti aspetti inerenti il loro rapporto di coppia.
Una vera e propria corrispondenza verrà a crearsi quando finalmente anche la ragazza, rassegnata alla situazione e costernata dal dolore e dalla nostalgia, deciderà di rispondere in qualche modo alle bizzarre missive, orchestrate strategicamente in modo perfetto grazie anche ad una mobilitazione che vede partecipare svariate figure, solo apparentemente di contorno.
Non è proprio semplice, né tantomeno lineare costruire una storia d'amore su queste premesse, ma evidentemente le imprese controverse non preoccupano Tornatore, che si butta anima e corpo sulla stesura dell'intreccio, senza accorgersi o comunque sorvolando troppo spesso su dialoghi e situazioni davvero imbarazzanti e difficili da accettare, anche volendo considerare la vicenda come una favola moderna dai contorni melodrammatici. E' il caso di dire che un pò più di ironia, ed un prendersi un pò meno sul serio avrebbero giovato ad un intreccio che si sgretola gia nelle sue basi.
E se Olga Kurylenko possiede l'appeal e la presenza scenica, oltre che l'indubbia bellezza mozzafiato, che la rendono se non plausibile, quantomeno padrona della scena, e capace di rendere credibile la sofferenza di un abbandono che le viene quasi rinfacciato e riproposto ogni volta come di fronte ad un sadico e doloroso movimento di un coltello che insiste a scavare nella ferita, l'aspetto davvero imbarazzante diventa tutto l'insieme di personaggi minori e di contorno che partecipano necessariamente al gioco della corrispondenza post mortem: attori (si fa per dire) davvero lasciati a loro stessi, impegnati a recitare imbarazzanti frasi fatte con una approssimazione che appare inverosimile.
Al contrario di questo lassismo incontrollato, il contesto scenico di locations eccessivamente controllato, studiato, insomma da cartolina, finisce per rendere lo sfondo come un presepe di cartapesta, che sposta la vicenda su dimensioni troppo fittizie e posticce, troppo calcolate e costruite: un limite che appariva già presente nell'ultimo La migliore offerta, ma nel quale lo sviluppo concentrico ed intrigante della vicenda, finiva per fare da cuscinetto ammortizzatore di tali ingenuità. che invece in questo contesto, narrativamente molto più debole, finiscono al contrario per risaltare, impedendo un medesimo effetto mitigante.
Jeremy Irons, ultimamente e troppo spesso coinvolto in progetti troppo bislacchi per le sue corde di interprete di razza, obbedisce agli ordini della produzione senza riuscire a conferire al suo personaggio (moralmente un vero e proprio sadico, se ci pensiamo bene) lo spessore o lo charme che l'attore è spesso in grado di aggiungere e regalare ai personaggi che hanno la fortuna di vedersi rappresentati dal suo mestiere di attore navigato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta