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Stolica/Sedia

Regia di Elisabetta Lodoli vedi scheda film

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La recensione su Stolica/Sedia

di giorgiobarbarotta
8 stelle

Elisabetta Lodoli compie un'operazione di grande intelligenza e rigore, quanto mai necessaria e attuale. Il documentario prende il titolo, con accezione fortemente simbolica, dal termine "stolica", parola che in bosniaco, croato e serbo ha lo stesso significato: "sedia". Il racconto si apre e chiude dunque con diverse inquadrature di un oggetto divenuto immagine di unità e comunanza, lì dove la diversità etnica, religiosa, politica, storica è da sempre stata fonte di ricchezza culturale ma anche di incomprensioni, difficoltà, conflitti. L'iconica staticità di sedie di diverso genere e materiale ben rappresenta la frammentata situazione balcanica, in primis l'inquietante rossa sedia in plastica che campeggia nella locandina sopraffatta da un grigio insormontabile muro di cemento armato, la quale ci riporta drammaticamente alla guerra della prima metà degli anni '90. L'ex Jugoslavia del maresciallo Tito, confederazione di sei repubbliche governate da una dittatura di stampo socialista, vedeva riunite negli stessi confini Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Kosovo, Macedonia. Dal 1991 in poi iniziano i conflitti interni attraverso cui si arriverà ai tragici fatti di Sarajevo, Srebrenica, Mostar e tante altre località divenute tristemente famose. La fine dello stato di diritto, il genocidio e la pulizia etnica nel cuore dell'Europa moderna. I vari nazionalismi, l'estremismo, il fanatismo, gli scontri, la violenza, il caos, il terrore, l'anarchia. Con l'accordo di Dayton si pone fine alla guerra e si crea coercitivamente una nuova realtà politica che cerca di far convivere sotto lo stesso tetto i sopravvissuti e i profughi, le vittime e i carnefici, fianco a fianco. Numerose testimonianze dirette di persone che hanno vissuto sulla propria pelle quel periodo ci raccontano i traumi di un passato ancora palpabile e il rapporto indissolubile tra ieri, oggi e domani. Lo stile è asciutto, non cede mai il passo alla retorica. L'approccio è encomiabilmente rispettoso, non indugia mai sul peggio in modo violento né sfacciato. Contemporaneamente però non lesina sugli aspetti più tremendi delle singole storie dei protagonisti. Persone di diversa provenienza, attività, età, sesso, fede, esperienza, accettano di parlare e riflettere dinnanzi alla telecamera, cercando non solo di dare una propria interpretazione a quanto accaduto poco più di vent'anni fa, ma (ed è questa la chiave di lettura più importante dell'opera della Lodoli) si esprimono sui dubbi, le incertezze, le preoccupazioni, le paure del presente e gli enormi e inquietanti interrogativi sul futuro. Istituzioni e luoghi d'incontro ancora separati, demarcazioni, divisioni, difficoltà di autonomia per i più deboli, insicurezza sociale. "Nessuno è completamente innocente" afferma un uomo il cui sguardo palesa una psiche indelebilmente segnata dalla guerra e una necessaria, fortissima voglia di normalità ed equilibrio. La comprensione del perché si sia giunti a tanto e la giusta educazione alle nuove generazioni al fine di non ritrovarsi nella medesima situazione di rancore, divisione e odio, sembra il condivisibile senso di una missione personale e collettiva quanto mai complessa e irta d'ostacoli. Ottimo lavoro di ricerca, opera di grande valore civile.

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