Regia di Pier Luigi Sposato vedi scheda film
L’opera prima di Pier Luigi Sposato ha tutti i difetti, spesso congeniti e talvolta perdonabili, degli esordi cinematografici. E un handicap in più: la testardaggine, anche ammirevole, del regista nel voler realizzare - con il coraggio del novizio e un budget risicato - un’opera dominata dal Tema. La qualità acerba di regia e sceneggiatura è travolta dalla complessità e dal peso di una parabola di redenzione e riscatto tanto elementare quanto problematica, che avrebbe richiesto una messa in scena meno schematica e ingenua - o, in alternativa, un pedale ancora più spinto sui toni della favola grottesca che Sposato sfiora appena, facendo talvolta del suo antieroe uno spaesato, sorridente Pinocchio troppo cresciuto. Il protagonista, giovane tossicodipendente con un’infanzia atroce alle spalle, un passato di piccola criminalità e carcere e un presente di fuga da un errore fatale, è accolto da un uomo maturo, a sua volta afflitto da ferite emotive, e si apre alla vita in un percorso che prevede gite in barca, bisticci con Dio e l’incontro con una ragazza ucraina sfuggita alla prostituzione. Costruito su confronti parossistici, davanti ai quali gli interpreti soccombono, il film corteggia lo spaccato sociale senza mai aderire alla realtà, insegue il dramma da camera perdendosi nell’enfasi della sceneggiata e si chiude con una morale pronunciata, ribadita e scandita a chiare lettere, come un pamphlet filmato, strillato, prolisso.
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