Regia di Sidney W. Pink vedi scheda film
Fantascienza, con molte ingenuità e poca inventiva. Così definirei questo simpatico film distribuito sui nostri schermi nel 1962.
Perché dico questo? Beh… perché in fondo le cose stanno proprio così: per quanto riguarda l’ “affascinante” ingenuità delle messe in scena di quegli anni, sappiamo perfettamente come stavano le cose… e forse è proprio quel “gusto” sempliciotto e un po’ naive, gli effetti speciali elementari e caserecci, a mantenerne intatta l’attrattiva ancora oggi, a renderci nostalgicamente indimenticabili quelle pellicole, ravvivate dalla fantasia inestinguibile dei nostri sogni adolescenziali e non solo…. Per l’inventiva, nel caso in oggetto potrei definirla di scarsa rilevanza, sostanzialmente perchè la storia che racconta, tutto sommato autonoma, è in gran parte mutuata (o almeno la ricorda abbastanza da vicino) da Il pianeta proibito di MacLeod Wilcox che lo precede di un quinquennio circa (il film è del 1956), in pratica la versione fantascientifica de La tempesta di Shakespeare (ma probabilmente è solo una coincidenza e un caso fortuito, poiché gira e rigira, nella fantascienza di quei tempi ci sono spesso forti punti di “contatto” identificativo anche involontario che imparentano le varie pellicole fra loro, o le rendono singolarmente similari).
Questa volta, è la storia di una esplorazione al pianeta Urano (il settimo pianeta del sistema solare, appunto) da parte di una spedizione guidata dal capitano Don Graham (interpretato da John Agar, già marito di Shirley Temple: lo ricordate? era il giovane tenente nel Massacro di Forte Apache del grande Ford) quella che ci viene narrata. Appena sbarcati sul pianeta, gli astronauti avranno però l’incredibile sorpresa di trovarvi insediato una specie di simil-villaggio terrestre abitato da esseri umani che (in apparenza) sembrerebbero essere tutte loro “vecchie conoscenze”, il che evidentemente rappresenta un impossibile paradosso. Si tratta in realtà di una colossale illusione creata da una potentissima mente aliena (un gigantesco cervello) che ha la facoltà di materializzare i pensieri e i ricordi dei viaggiatori spaziali, ma anche le loro paure e le loro peggiori pulsioni, così da poterle volgere a loro danno e annientarli psicologicamente, quelle “visioni” indotte. Il suo scopo è infatti quello di annullare le menti degli astronauti e di impossessarsi dei loro copri, per poter poi conquistare la terra. Naturalmente il progetto non si realizzerà, poiché l’equipaggio, troverà la forza di resistere all'inganno, così da sconfiggere il mostro che verrà ucciso. Il mondo ancora una volta sarà salvo e la spedizione potrà tornare a casa fiera del proprio successo.
Niente di nuovo sotto il sole ovviamente, ma nonostante le similitudini, il soggetto rimane ancora oggi la migliore prerogativa (o motivo di interesse, che dir si voglia). Il pressappochismo della realizzazione è invece evidente e… se non fosse per quella fascinazione di cui ho parlato sopra, ci sarebbe davvero molto da recriminare… invece proprio per quel coinvolgimento molto complice e partecipato, riusciamo (almeno io ci riesco) a trovar ancora oggi il film particolarmente “godibile” nella sua “semplicità” (voglio essere indulgente) di fondo.
Sindney W. Pink è un onesto ma anonimo regista che “tira a campare”, così come gli attori sono un nutrito stuolo di “facce” senza storia, ma il divertimento… naturalmente “se ci si lascia andare”, è assicurato.
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