Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Il contributo che Billy Wilder ha dato al cinema è immenso; in ogni genere che ha affrontato, questo regista raggiunto standard che ancora oggi restano irraggiungibili per il 99% dei suoi colleghi venuti dopo. Anche quando s'è dato esclusivamente alla commedia, Wilder é riuscito a declinare questo genere in tutti i modi possibili passando dalla dolcezza della fiaba romantica (Sabrina) alla folle anarchia (A Qualcuno Piace Caldo) sino alla forte satira sociale (L' Appartamento); riuscendo in tutto questo a non perdere un colpo. Con questo Baciami Stupido, Billy Wilder confeziona un altro capolavoro, in quella che risulta essere la sua commedia più cinica e distruttiva.
Ci troviamo nella provincia americana dove nulla succede, quando la normale routine viene scombussolato dall'arrivo di Dino, un famoso cantante italo-americano. Di questo colpo di fortuna vogliono approfittarne Orville (pianista sposato da 5 anni e che raccatta qualche soldo tramite lezioni di piano) e Barney (professione benzinaio che però scrive test di musica che fa comporre al suo amico), che puntano a vendere al cantante le loro composizioni per fare finalmente un sacco di soldi. Orville sapendo della fama di donnaiolo di Dino, per la riuscita del suo piano, caccia di casa sua moglie e spaccia per tale Polly "La Bomba", una cameriera (ma anche qualcosa di più) di un locale dalla fama libertina situato fuori città.
Gli ingredienti descritti sono degni di un cinepanettone di quarta categoria (di cui probabilmente le pellicole del regista sono gli antenati più nobili), ma fortunatamente la coppia Wilder-Diamond riesce a stendere un'altra sceneggiatura "illegale" che trasporta in film nella serie A del cinema.
Il ritratto che esce fuori di questa provincia americana, è di un'umanita alla deriva preda dei suoi più bassi istinti e che risulta gretta, arrivista, ipocrita e capace di infrangere ogni barriera di buon senso pur di soddisfare il proprio individualismo, non importa se questo causa sofferenza al prossimo.
Tra famosi cantanti che sfruttano la propria posizione per fare indisturbati ciò che vogliono, benzinai arrivisti e mariti gelosi dalle insoddisfatte ambizioni musicali; il personaggio con cui si entra più in empatia è la povera Polly (una Kim Novak perfettamente aderente al ruolo, poiché infonde il necessario cinismo al suo personaggio) quale ci fa' un ritratto caustico ma amaro della sua condizione umana, di donna che è stata tratta in inganno da un uomo e per questo ha perso tutto, essendo così costretta ad essere attualmente un mero prodotto ad uso e consumo dei clienti che ne fanno richiesta al barman ("prova Polly la Bomba" dirà cinicamente la ragazza, causando con questa battuta sinteticamente distruttiva, un forte dolore allo spettatore per la mercificazione che ne fanno).
In questo ingarbugliato meccanismo di bassezze umane, arrivismo e sfruttamento altrui, la riacquisizione della propria umanità non può che passare da un doloroso (ma al tempo stesso necessario), farsi del male a vicenda che porta ogni individuo a sperimentare il punto più basso a cui è in grado di arrivare pur raggiungere il proprio scopo e distruggere così il velo di ipocrisia di cui tutti si ricoprono (tutto il paese và in chiesa di domenica... poi però tutti al bar l'ombellico appena si può). L'ingarbugliata matassa fatta di travestimenti, equivoci, travestimenti, inganni e inopportuni incontri con un tempismo perfetto, può sciogliersi artificiosamente solo con una perfetta battuta di chiusura, che alla fine metacinematograficamente invita lo spettatore a non farsi troppi pensieri sull'ingarbugliata struttura narrativa, e di lasciarsi andare alle varie emozioni che gli imperfetti (ma per questo riusciti) ritratti umani gli hanno trasmesso (i picchi più alti l'opera li tocca con il racconto di Polly e il Valzer che Orville canta).
Così come la sceneggiatura, anche la regia è a livelli elevatissimi; Wilder riesce a mescolare con una sola inquadratura comicità, grettezza umana, attacco al perbenismo familiare borghese e riflessione critica, con una naturalezza impossibile per chiunque altro poiché frutto di un'esperienza nella gestione del mezzo oramai acquisita da decenni e numerosi film realizzati. La macchina da presa di Wilder non giudica nessuno ed é perfettamente egalitaria nella sua cinica distruzione con tutti i personaggi; il moralismo spicciolo non si confà a tale regista. Inoltre, nonostante la pellicola sia tratta da un'opera teatrale, il regista riesce sempre ad evitare che tale essa venga percepita dallo spettatore.
Per il suo forte pessimismo di fondo e la sua forte carica distruttiva (Wilder per la prima volta è molto esplicito), l'opera fu accusata di volgarità e amoralità dalla critica dell'epoca (per avere un'idea di opere che piacevano nel 1964, basta vedere che i film candidati agli oscar come Mary Poppins o My Fair Lady erano molto accomodanti sotto il profilo della morale; e la critica che il secondo film faceva, era portata su un piano concettualmente astratto e non esplicito) e fu un grosso flop al botteghino, tanto che Wilder, essendo un regista che non sapeva scindere il successo di pubblico dalla qualità dell'opera (tranne per L' Asso nella Manica, Arianna e Uno,Due e Tre), ha sempre tenuto scarsamente in considerazione tale film.
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