Regia di Mimmo Mancini vedi scheda film
Folklore pugliese a Mariotto: mentre la città si prepara all’elezione del sindaco (inevitabilmente xenofobo e qualunquista) è venerdì santo. La Via crucis incombe, ma l’interprete di Gesù, il parrucchiere Michele (ovviamente omosessuale), si siede sulla corona di spine. Al suo posto finisce il tecnico delle luci, Jusuf, musulmano e sposato con un’autoctona (aggressiva e petulante), mandato allo sbaraglio dall’amico parroco. Da allora diventa Ameluk, “mammalucco”, bersaglio del razzismo, strumentalizzato dalla politica, abbandonato dalla famiglia. Insieme alla voce off - per una volta assente -, le cifre dominanti della commedia italiana che vorrebbe essere indie nei toni e non solo nel budget sono le mortali musichette allegre e parodistiche, il macchiettismo regionale e un conformismo mascherato da cattiveria. Qui il fulcro tematico è la religione e il bersaglio dovrebbe essere la nostra ignoranza, la decadenza politica, la crisi civile e tutto quello che fa riflessione (banale) sull’oggi, gettata nel calderone e raccontata con il solito teatrino dell’assurdo volgare e autoassolutorio, dove buddhisti e musulmani, giordani e marocchini sono la stessa cosa, mentre ci si scalda sulla differenza tra maiale e cinghiale. Perché, si sa, a noi interessa solo mangiare ed è diventato impossibile raccontarci senza invadenti metafore culinarie. Un cinema arido e strillato che si illude di guardare a Germi, ma è più inoffensivo e scentrato di una satira televisiva.
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